Il ricordo: Sono trascorsi dieci anni da quando il Vescovo Ignazio Cannavò è tornato alla Casa del Padre

«Sol chi non lascia eredità d’affetti, poca gioia ha dell’urna». Sono passati dieci anni da quando il nostro Padre-Vescovo Ignazio Cannavò è tornato alla Casa del Padre. È vero che fisicamente non è più tra noi e ne percepiamo l’assenza, ma è anche vero che il suo spirito, come sempre, aleggia tra noi.

Il verso de I sepolcri di Ugo Foscolo, citato in incipit, non può essere riferito per nulla a Lui, perché continuamente al suo sepolcro, nella basilica cattedrale di Messina, dove è tornato grazie all’interessamento del sottoscritto, aiutato dal salesiano don Frattallone e dal fedelissimo monsignor Sgalambro, già emerito di Cefalù, e grazie al consenso, dato obtorto collo, da sua eccellenza monsignor Raspanti, vescovo di Acireale, c’è un vero pellegrinaggio di fedeli, di amici, di estimatori di ogni ceto, di ogni cultura ed espressione laica, cattolica e aconfessionale. Sì, è vero: il suo spirito aleggia tra noi ma, con una voce dicentes tra laici e clero, ci mancano le sue telefonate, in occasione di anniversari matrimoniali, sacerdotali, ed anche nelle ricorrenze di eventi luttuosi, chiamando i familiari, e gioiosi, come compleanni, onomastici, lauree, chiamando di persona gli interessati di turno.

Ci mancano, oltre le telefonate, le visite, fatte nei vari ospedali, in occasione di ricoveri, o in canonica e in famiglia, in occasione di malattie. Ci mancano le sue espressioni paterne e mai paternalistiche, tipo “figghiu mei” rivolto ai sacerdoti o a giovani, o magari con espressioni gentili e familiari, verso amici laici o cattolici. A questo proposito sento di dover chiedere scusa a due grandi santi: san Pietro Crisologo e san Giovanni Crisostomo. Chiedo perdono per il paragone, ma non ho voluto peccare di plagio.

Crisologo riferendoci ai suoi discorsi aurei, semplici, brevi, fondati nella dottrina cattolica e nell’insegnamento del Vangelo. Oggi si fa un gran parlare di sinodalità e inclusione. Ma, come è stato scritto tempo fa, a proposito degli oratori, anche in questo Padre Cannavò è stato un antesignano. Non si è chiuso in sé, non prendeva decisioni più o meno avventate ma, confrontandosi soprattutto con i suoi collaboratori, anche mettendo da parte suoi principi o idee, trovava sempre la soluzione più idonea non al suo ruolo, ma al bene esclusivo degli interessati o delle comunità. Un esempio per tutti vale l’avvicendamento dei parroci: si interessava del candidato ad una parrocchia chiedendosi e chiedendo stato di salute, eventuali capacità di autonomia automobilistica, di gestione della quotidianità e, soprattutto, se in famiglia i genitori avessero bisogno del figlio prete. Mai prese una decisione che portasse allo sconforto colui che la riceveva. Più volte è stato mosso il “rimprovero” che non aveva polso. È vero, ma egli era convinto, e spesso lo ripeteva, che si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto. Per questo, in venti anni, mai prese decisioni drastiche, né comminò sanzioni disciplinari, pur essendoci motivazioni valide: con la sua notoria paternità portava anche i più recalcitranti a tornare all’ovile.

Crisostomo nel senso che dalla sua bocca mai uscì una parola o un’espressione fuori posto o che non mettesse perfettamente a suo agio l’interlocutore, chiunque egli fosse, o, peggio ancora, facendolo allontanare umiliato.

Della sua umiltà (esempio eclatante la rinuncia a essere creato cardinale dal Santo Padre Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990), della sua semplicità, della sua confidenza filiale nella preghiera verso il Signore e la Vergine Maria, che considerava, oltre che Madre di Dio, Madre propria insieme alla sua mamma Nella, altre volte se n’è parlato ampiamente.

Carissimo Padre Ignazio, sei stato con noi fisicamente per ben vent’anni e hai lasciato impronte che né eventi bizzarri, né il tempo né la distanza che tu stesso hai voluto creare tra Messina, pur tanto amata, e la tua Acireale, altrettanto amata, che ti accolse dopo la fine del tuo mandato peloritano, sono riusciti a cancellare. 

Memoria eius in benedictione”. Lo possiamo dire per te, carissimo padre Ignazio, perché il tuo ricordo è vivo per noi e lo sarà per le prossime generazioni. 

Dal Regno di gloria dove sei stato accolto dal Pastore Supremo per ricevere la gioia del premio per le tue fatiche apostoliche, invoca con noi e per la “tua” Messina: “Exsurge, Domine, adiuva nos”.

Sac. Salvatore Alessandrà

Segretario di Mons. Ignazio Cannavò