Il Natale di una volta: più tradizione meno consumismo

di Andrea Filloramo

Chi ha una certa età non può dimenticare la suggestiva tradizione siciliana dell’allestimento della cona che avveniva nel periodo natalizio. A esso, a cominciare dal primo giorno della novena di Natale, mentre per le strade si sentivano i “ciaramiddari” che suonavano: “tu scendi dalle stelle”, partecipavano, tutti, grandi e piccini,

Non c’era allora quindi casa in cui  non si riservava un angolo dove si allestiva la “cona”, che era qualcosa che assomigliava ad un presepe in quanto non mancava mai il bambino Gesù, e un albero di Natale.

Il termine “cona” deriva dal sostantivo greco “icona”, che indica un’edicola votiva o altarino, che veniva addobbato con tanti elementi naturali: asparago selvatico, batuffoli di cotone idrofilo, che rappresentava la neve, arance, mandarini, fichi d’india, datteri, frutta secca, fiori, foglie etc. Era, in poche parole, un miscuglio di odori e sapori dalle infinite commistioni. Il 24, giorno della vigilia, si aggiungevano i dolci fatti in casa come cotognate e mostarde.

A quel tempo, i bambini non erano abituati a vedere e gustare dolcetti e tutta quella abbondanza e prosperità.

Spesso, pertanto, c’era chi, approfittando dell’assenza o della distrazione della mamma, depredava, in tutta fretta, la cona e scappava via.

La mamma, quando si accorgeva del misfatto, lo sgridava dicendo:  “Ti manciasti na cona” che vuol dire: “hai mangiato i frutti e hai spogliato l’icona!”.

Da qui l’origine e il significato di questa espressione, ancora in largo uso, per indicare chi mangia abbondantemente.

Oggi quindi “manciari na cona” vuol dire abbuffarsi cioè fare una scorpacciata di cibo. Ciò in genere avviene quando si festeggia una ricorrenza o si celebra qualche festa, ma non solo.

Ci chiediamo: sarà anche così in questo Natale? Ci abbufferemo come al solito? Non lo so. Forse, perché obbligati dalla crisi economica limiteremo ogni abbuffata e rifletteremo sul fatto che ci sono tanti che non celebrano come noi il Natale perché non hanno di che mangiare. Ricordiamo che Cristo è nato anche per loro. Natale è un momento per riflettere, fermarsi, rallentare, vedere come aiutare quelli che sono in difficoltà, prendersi cura dei poveri, dei deboli, degli ammalati, degli anziani spesso lasciati soli. Se pensiamo con attenzione e disponibilità. Sono tante le possibilità che abbiamo per alleviare la sofferenza degli altri. Bisogna solo non voltarsi dall’altra parte.