Guerra & pace: un mondo che non ha più senso

di ANDREA FILLORAMO

 

E’ proprio vero, si era saputo che negli ultimi anni nel mondo ci fossero in corso ben 59 guerre. Si pensava, però, che esse si svolgessero ben lontano da noi, in paesi, come l’Afghanistan, la Libia, il Myanmar, la Palestina, la Nigeria etc,

Si credeva che l’Europa fosse totalmente fuori dai giochi geopolitici delle potenze globali, che mai ci sarebbe stata una guerra dentro i suoi confini.

Nessuno credeva, anche se da tempo se ne sentiva parlare, che la Federazione Russa occupasse l’Ucraina, e che l’occupazione potesse condurre il mondo alle soglie di una guerra mondiale.

I segnali dell’occupazione, tuttavia, erano tanti; prima dell’occupazione dell’Ucraina – diciamolo pure – totale era stato il nostro disinteresse di quanto da anni avveniva in parti del territorio dell’Est europeo. Putin allora non era ritenuto un dittatore spietato come è considerato adesso, anzi godeva dell’amicizia di Berlusconi, di Salvini, di Meloni, di tanti che adesso gli si muovono contro o almeno dicono di muoversi contro.

Il più volte presidente del Consiglio Berlusconi, per esempio, dichiarava: “Mi ha telefonato l’amico Putin per farmi gli auguri, e gli ho detto esattamente questo: ‘Vladi, non te lo dico per piaggeria, perché mi conosci e sai che sono sempre sincero, ma ormai nel mondo l’unico vero grande leader rimasto sei solo tu‘. Si è fatto una risata, ma la mia non è una battuta, è la semplice verità”.

Ricordiamo che Salvini invidiava i russi ed elogiava Putin quando affermava che i russi “non hanno Renzi, hanno Putin”; che avrebbe portato il capo del Cremlino “nella metà dei paesi europei” e che voleva trasformare l’Italia in Mosca, perché lì “non ci sono lavavetri e la polizia è discreta”.

Analogo elogio è stato attribuito a Giorgia Meloni, che poi però l’ha negato.

Ma, il 24 febbraio u.s il fragore della guerra giunse fino a noi: siamo stati, quindi, scossi da un fremito di paura, precipitando nell’incubo di una guerra che potrebbe diventare totale.

Quando si affronta un’esperienza traumatica come la guerra, ogni individuo si trova sempre di fronte a un mondo che non ha più senso. I modelli mentali a nostra disposizione non sempre sono in grado di ripristinare sensazioni di sicurezza e stabilità, anzi generano un persistente senso di allerta, paura e ansia, che nel tempo possono dare vita al trauma.

Seguiamo, oggi, preoccupati e perplessi, tanti programmi televisivi che ci offrono solo immagini di morte, distruzioni, cadaveri, bambini morti, fosse comuni che si imprimono in noi e diventano indimenticabili.

Non tacciono, intanto, le armi e non si riesce a farle tacere: non si riesce, quindi, a sbrogliare una matassa che fino a questo momento non sappiamo neppure in quali mani essa si trovi.

A ciò si risponde, da ambedue le parti belligeranti con la propaganda che contiene verità, mezze verità e tante bugie, tantissime bugie, che allarmano più della verità. E’ questo, del resto il sistema su cui spesso si reggono gli Stati, l’economia e gli stessi rapporti sociali, ma – lo sappiamo –  l’informazione in guerra o di guerra è la guerra all’informazione.

Rimane un fatto: da quasi tre mesi, dopo essere stati terrorizzati dal Covid-19, veniamo ancora sottoposti in maniera costante a una situazione di imminente minaccia alla sopravvivenza, pertanto, i circuiti nervosi della paura e dello stress in noi sono ancora cronicamente attivi.

Dobbiamo andare avanti con il nostro disagio, sapendo che il reclutamento dei nostri circuiti mentali è una risposta adattativa e funzionale del cervello, alle esperienze di pericolo.

Teniamo conto del fatto che una loro intensa e ricorrente attivazione può comportare delle modificazioni strutturali nell’architettura cerebrale fino a sfociare, in alcuni casi, nella manifestazione di comportamenti psicopatologici che, dobbiamo in ogni caso evitare.

Il cervello, infatti, è plastico: le connessioni tra i neuroni, quindi le unità di base del suo funzionamento, si modificano e si adattano in seguito alle esperienze che viviamo e questo accade soprattutto quando le esperienze sono caratterizzate da un intenso valore biologico, come il pericolo.

Da un punto di vista psicologico ogni individuo presenta modelli mentali specifici che gli permettono di gestire e comprendere questa realtà.

Per ripristinare una condizione di ordine psicofisico una soluzione può essere quella di non isolarci ma vivere con gli altri, nel dialogo, nella condivisione di questo momento che non sappiamo quanto durerà.