
La Chiesa fa politica. O forse sono piuttosto i “politici” che non la fanno. Papa Giovanni Paolo II di politica ne ha fatta tanta, soprattutto quando agli occhi dei più, pareva impegnato in questioni impolitiche, apolitiche, “spiritualistiche”. A cominciare da quel grido iniziale del suo Pontificato: “Non abbiate paura!” e lo “Spalancate le porte a Cristo”, frasi che rappresentano un programma squisitamente, eminentemente, nobilmente politico. Sostanzialmente tutte queste affermazioni sono sostenute dal giornalista e studioso cattolico Marco Respinti in una “scheda” preparata per il settimanale conservatore Il Domenicale.
Insomma, qui si tratta dell’alta politica, certamente non stiamo considerando quella prettamente elettorale. Riguarda il modo di porsi nel creato, di vivere e di organizzare la polis, la città dell’uomo. Sta proprio in questo discorso di apertura l’interpretazione dell’intero Pontificato wojtyliano. La chiave di volta che permette di penetrare l’invito a costruire giorno per giorno, “una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio”. Ci si salva, all’interno della società, nel mondo materiale, perché l’uomo è materiale.
Il fine dell’uomo è la sua santificazione personale: “la cui unica via resta l’imitatio Christi, giacché Cristo è il modello dell’uomo compiuto […]”. Il programma politico di Giovanni Paolo II parla dunque di una decent society”, in cui all’uomo sia permesso essere uomo e vivere di conseguenza, ma il cui senso e traguardo sia la Regalità sociale di Cristo. Naturalmente non nel “mondo che verrà (in realtà mai) in cui tutto sarà bello e lindo, e gli uomini buoni e generosi; ma Cristo che regna già qui e già ora in cui anche il piccolo e apparentemente insignificante aspetto di quel reale che rende la society appunto decent”. In pratica l’uomo deve avere la possibilità, per via ordinaria, cercare di imitare Cristo, senza particolari eroismi. Del resto non si dice guai a quel Paese che deve fare affidamento agli eroi. Tutto il programma di società ordinata sta già in quel “Non abbiate paura” con un Magistero lungo 27 anni con riferimento al fondamento teologico nella dottrina evangelica così bene illustrata da Pio XI nella enciclica “Quas Primas” dell’11 dicembre 1925 dedicata proprio alla regalità sociale di Nostro Signore.
Pertanto, scrive Respinti, “il fondamentale apporto di Giovanni Paolo II alla dottrina sociale cattolica, e lo straordinario rilancio di cui l’ha fatta oggetto, fanno parte di questa sua azione politica, ma ne sono solo un aspetto”. Tutto in Giovanni Paolo II è stato infatti politica. Tutto è stato inteso piegato, voluto per la costruzione di “una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio”. Del resto, è in questa direzione che ho inteso procedere nel mio libro su Giovanni Paolo II. Uno dei documenti fondamentali dell’azione politica wojtyliana è l’esortazione apostolica postsinodale ”Reconciliatio et Paenitentia” del 2 dicembre 1984, sul sacramento della confessione. In questa esortazione il Pontefice ricorda che la ferita del peccato originale tocca e intacca il rapporto fra l’uomo da una parte e, dall’altra, in sequenza se stesso, i suoi simili.
DOMENICO BONVEGNA
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