Chiesa, donne, ministero presbiterale

Molte voci si alzano da tempo per  ammettere anche le donne al ministero presbiterale. Essi riprendono il problema  discusso fin dagli inizi del movimento femminista nel secolo XIX in Inghilterra, che, passato un po’ in seconda linea negli anni tra le due guerre, dopo l’ultimo Concilio si è riproposto con un nuovo vigore anche all’interno della Chiesa cattolica. 

 

di ANDRREA FILLORAMO

Rispondo al seguente quesito postomi, tramite sms, da una lettrice di IMGPress: “………quali sono i motivi per cui la Chiesa Cattolica (………….) non ammette il sacerdozio femminile? ”

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Molte voci si alzano da tempo per  ammettere anche le donne al ministero presbiterale. Essi riprendono il problema  discusso fin dagli inizi del movimento femminista nel secolo XIX in Inghilterra, che, passato un po’ in seconda linea negli anni tra le due guerre, dopo l’ultimo Concilio si è riproposto con un nuovo vigore anche all’interno della Chiesa cattolica.

La posizione della Chiesa fino ad oggi – lo sappiamo – è che le donne non possono essere preti o vescovi e ciò perché nella sua storia millenaria  non è stato mai permesso, in quanto Gesù Cristo, pur circondandosi di donne, ha scelto come suoi apostoli dodici uomini. E poi: non era nella tradizione ebraica, dalla quale il cristianesimo discende, concedere il sacerdozio alle donne.

Mi si permetta di fare delle brevi considerazioni.

L’esclusione tradizionale delle donne dal sacerdozio è data, perciò, non da motivi teologici  ma da posizioni culturali mai totalmente superate dalla Chiesa. Ciò non è avvenuto nella chiesa anglicana così come in altre chiese cattoliche non di obbedienza romana (come quelle vetero-cattoliche), che ormai da anni ordinano diaconesse, “presbitere” e “vescove”, cui riconoscono uno status e delle funzioni analoghe a quelle degli stessi ministri della Chiesa cattolica.

I veri motivi possono essere rintracciati, perciò, nella nozione di donna che sempre ha avuto la Chiesa cattolica, che per secoli  ha considerato il genere femminile subordinato rispetto all’uomo. Tale nozione fa dire a San Paolo: “ le donne nell’assemblee devono tacere, perché sono di scandalo persino agli angeli”. Paolo è colui che aveva affermato l’autentica parità di uomo e donna scrivendo in Gal. 3, 28: “Non c’è (più) giudeo, né greco né schiavo né libero, né uomo né donna, poiché voi tutti siete una cosa sola in Cristo” (Cfr. anche 1Cor. 7, 3-5). Ciò nonostante egli ha espresso il giudizio: “Le donne tacciano nelle assemblee” (1Cor. 14,34) ”.

Oggi nonostante le evidenti differenze biologiche, anche nella chiesa si afferma la parità tra i due sessi ma stranamente le donne non possono ricevere il sacramento dell’ordine sacro.

Non è neppure da ritenere credibile il motivo  che presso gli Ebrei non vi fossero sacerdotesse. Sappiamo, infatti, come in altri casi Cristo non tenne in alcun conto la tradizione giudaica: così per esempio quando conversò con la Samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv. 4,27), permise alla peccatrice di accostarsi a lui nella casa di Simone il fariseo (Luca 7, 37-50), accolse con benevola indulgenza la donna colta in flagrante adulterio (Gv. 8, 11).

Al giorno d’oggi si tiene troppo poco in conto, non solo nella Chiesa Cattolica la ricchezza della femminilità e non ci si impegna a “ridurre le differenze tra i sessi”, che sono meri fenomeni sociologici, ruoli mutabili e addirittura talvolta intercambiabili.

Supererà la Chiesa i pregiudizi relativi al genere femminile e, quindi, nel futuro concederà alle donne il sacerdozio? Non lo so. Ritengo, però, che molti altri siano i problemi, alcuni urgenti, che la Chiesa Cattolica deve affrontare prima di dare soluzione al problema posto dalla gentile lettrice.