Andrea Filloramo: il problema della pedofilia clericale

INTERVISTA AD ANDREA FILLORAMO…

Come si può facilmente notare il Papa, riunendo a Roma i presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo per decidere cosa occorre fare per sradicare la pedofilia che c’è nella Chiesa, dimostra di avere coraggio e coerenza.

Certamente! e questo al di là di quanto dicono i suoi nemici. Sono convinto che Papa Francesco provi una grande vergogna ogni volta che sa di un prete o di un vescovo che si macchia di questa orribile nefandezza che fin’ ora non è riuscito ad eliminare. Farebbe qualunque cosa per ripulire la Chiesa dai preti pedofili.

Comprendo che il problema della pedofilia clericale non sia di facile e immediata soluzione. Ancora forse molto tempo dovrà passare prima che Papa Francesco canti vittoria. Forse i tempi si accorcerebbero se fosse abolito il celibato, che è una delle cause più influenti della stessa pedofilia.

Non vedo che ci sia un nesso sicuro fra il celibato e la pedofilia. Senza il celibato non diminuirebbe il numero dei preti pedofili. Almeno questo è il mio parere. Non sarebbe quindi il celibato, la causa prima della pedofilia. Bisognerebbe cercare altrove per rintracciare altri motivi per cui tanti preti diventano pedofili. So per certo che, nella stessa comunità scientifica vi sono molte difficoltà quando si vuol giungere all’unanimità nella definizione della stessa pedofilia, Si immagini, pertanto, come aumentano di molto le difficoltà quando si vuole definire il fenomeno riferito specificatamente ai preti.

Che la pedofilia sia una perversione sessuale, nessuno, però, può metterlo in dubbio.

A mio parere, è molto difficile trovare preti pedofili pervertiti; è più facile trovare preti, vittime essi stessi di abusi sessuali infantili, che trasformano il loro trauma passivo in una vittimizzazione perpetrata attivamente. I loro reati possono essere in parte considerati una ripetizione ed un riflesso di una aggressione sessuale che hanno subito da bambini, un tentativo distorto di dare uno sbocco a traumi sessuali precoci irrisolti. Possiamo osservare infatti come alcune aggressioni sembrano talvolta ripetere gli aspetti della vittimizzazione da loro subita; e cioè l’età della vittima, i tipi di atti compiuti e così via. Questa considerazione, che non sminuisce la loro responsabilità morale o/e penale si poggia su confidenze anche professionali di preti che occasionalmente si sono applicati a pratiche pedofile omosessuali.

Interessante una teoria del genere.

Si è vero si tratta di una teoria, conosciuta dagli specialisti. Numerosi sono i dubbi, però, a proposito di quest’argomento se applicato a tutti i preti pedofili: mancano i campioni rappresentativi a causa dell’eterogeneità dei preti abusatori sessuali, ma sicuramente essa è applicabile ad alcuni casi delle cui confessioni si sono impadroniti i media. Non è applicabile, quindi a tutti i casi, in quanto non tutti i preti pedofili hanno subito violenze quando erano ragazzi. E poi – diciamolo pure – una tesi del genere è facilmente accettata da chi, da ragazzo, è stato in seminario, un’istituzione “a sesso unico”, sessuofobica, misogina. A tale luogo don Albanesi ha recentemente accennato quando dopo 50 anni ha confessato di essere stato abusato, proprio nel seminario e da preti. Nulla dice delle conseguenze psicologiche che ha dovuto affrontare per non diventare anche lui un pedofilo.

Quindi, tornando al tema che stavamo trattando, quali sono i motivi che inducono un prete a diventare pedofilo?

Da quel che si comprende, di questo fenomeno che è mondiale, è la mancanza di maturità sessuale, che l’esperienza, la sessuofobia, la misoginia del seminario potrebbero aver “fissato” lo stato evolutivo psichico a uno stadio preadolescenziale, del quale molto spesso i preti non si rendono conto.

Questa sembra un’opinione convincente.

È questa l’interpretazione narcisistica del comportamento pedofilo dei preti confermata dall’osservazione dell’età media delle vittime, spesso compresa fra gli otto e i dodici anni.
Va anche rilevato che nella quasi totalità dei casi si tratta di pedofilia omosessuale, ed anche questo elemento ci fa capire come il prete pedofilo abbia pesanti conflitti da risolvere con se stesso, con la propria sessualità, con la propria storia e soprattutto con la propria identità.

Da quanto sto sentendo la pedofilia è comunque un fenomeno molto complesso.

Certamente e non ci riferiamo soltanto ai preti pedofili! Essa non è semplicemente espressione di tendenze regressive infantili negli adulti (altrimenti i pedofili sarebbero milioni!). Va considerato un altro fondamentale aspetto: il rapporto sado-masochistico. Anche qualora non vi sia violenza, è innegabile che il pedofilo, per sottomettere la vittima, faccia leva sul suo potere adulto e sulla sua superiorità fisica e psicologica. È anche evidente che lo scopo del pedofilo non è di procurare piacere, ma di ottenerlo, anche usando la propria preda come fosse un giocattolo inerme. C’è, dunque, una notevole componente ideologicamente autoritaria nella pedofilia. Un autoritarismo che si esprime come un bi-sogno di “possessivismo” morboso, invincibile, da cui non ci si può sottrarre.

È molto espressivo che in molti episodi riportati dalle cronache, si nota che i preti pedofili generalmente non prendono particolari precauzioni per nascondere i propri perversi comportamenti.

Nel loro delirio di onnipotenza (che è anch’esso di origine infantile) essi preferiscono contare sull’omertà delle proprie vittime piuttosto che sul mettere in atto i comportamenti devianti in situazioni protette, magari lontano dal proprio ambiente. Sembra chiaro che il prete pedofilo sia il prodotto di una certa educazione e sia una persona con gravi problemi, che in modo irrazionale, deviante e purtroppo dannoso per gli altri, cerca se stesso e la sua perduta identità sessuale, identità che la formazione seminaristica non ha aiutato a raggiungere anche per l’influenza psichica di quella teologia che è stata oggetto dei suoi studi.

Insomma, si dica pure l’educazione impartita nei seminari, stando a quanto abbiamo detto, è stata fallimentare.

Non lo dico io ma lo dice don Mazzi, fondatore di Exodus che sostiene: “La pedofilia nella Chiesa? È colpa dei seminari e abolirli è l’unico modo per risolvere il problema alla radice. Le risposte della Chiesa in merito ai casi di pedofilia che sono emersi in questi ultimi tempi, non mi hanno convinto. Andrebbero aboliti i seminari. L’errore inizia da lì. Il seminario che è l’istituzione cattolica in cui i ragazzi in età da liceo studiano e si preparano a diventare sacerdoti è un luogo che castra, non è un luogo naturale. La preparazione non va fatta nei seminari. La formula da allevamento nel pollaio, non è al passo coi tempi. Chi vuole diventare prete, deve studiare da casa facendo di tanto in tanto verifiche con il proprio direttore spirituale. Bisogna trovare un iter più aderente alla realtà per chi vuole diventare prete, così che fino a 19/20 anni si possa vivere anche l’aspetto affettivo e sessuale. Del resto, io non sono andato e se ci fossi stato non sarei mai diventato prete”.

Solo negli ultimi decenni la Chiesa ha compreso la gravità del fenomeno della pedofilia dei preti.

La passata omertà della Chiesa, e le sue negazioni dell’evidenza, oltretutto, hanno impedito fino a tempi recenti ai preti pedofili di essere curati, supportati da specialisti, magari portati in psicoterapia e perché no! studiati di più, affinché si potesse tentare di prevenire il continuo ripetersi di questi fenomeni.

Cosa succederà dopo l’incontro del Papa con i presidenti di tutte le Conferenze Episcopali del mondo?
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Non lo so! Speriamo bene.