A GAZA C’ERANO GLI “UOMINI BOMBA”

Il servizio del giornalista Gian Micalessin è di due decenni fa, ma aiuta ad approfondire e capire contro chi stesse o sta combattendo Israele. E soprattutto con chi si sta alleando certa parte di Occidente in questi mesi. Si tratta di un reportage pubblicato da Il Domenicale del 4 ottobre 2003, n.40. Un servizio documentato sulla cosiddetta “guerra santa” dei gruppi fondamentalisti (“Dal martirio religioso alla politica: gli uomini bomba”).

Fu Khomeini a rafforzare l’ideologia del suicidio presente nel rito sciita della Tazieyeh che da 1300 anni ricorda il sacrificio di Hussein. Poi l’incendio divampò in Libano tra gli Hezbollah, che usarono per primi i kamikaze contro Israele. Quindi fu raccolto dai sunniti di Hamas. Ma a questo punto l’atto terroristico diventa uno strumento politico e militare per tutti i musulmani. Un viaggio a Gaza dove nascono gli uomini bomba. Micalessin ci regala un percorso religioso e politico della giustificazione del martirio nel mondo islamico: “Combattete attraverso il martirio – predicava Khomeini nei giorni tragici della rivoluzione – perché il martirio è l’essenza della storia”.

I “bajis” i volontari della rivoluzione, ragazzini quindicenni con appesa al collo la chiave dorata del paradiso aprirono i campi minati, s’immolarono guidando gli assalti di pasdaran ed esercito. “Da quel momento – scrive Micalessin – la morte, il sacrificio personale si apprestavano a diventare la bandiera, lo strumento di una lotta allo stesso tempo religiosa e politica. E se nel Corano non c’è una benedizione del suicidio, i teorizzatori si aggrappano al sacrificio di Husseini per dimostrare che è giusto farlo per la causa islamista. Ma come è stato possibile che l’ideologia del martirio suicida sia sconfinata dall’Iran alla Palestina, alla Cecenia, all’Afghanistan. Micalessin a questo proposito Micalessin ricorda l’attentato suicida dell’11 novembre 1982 nel quartiere generale israeliano di Tiro, dove gli attentatori hanno raso al suolo un edificio di otto piani, uccidendo 141 persone. Il mondo da quel giorno incomincia a misurarsi con gli uomini bomba.

Ahmad Qassir, un giovane di17 anni, è la prima bomba umana, diventato il simbolo della lotta. Il 18 aprile 1983, l’ambasciata americana a Beirut è distrutta da un’auto bomba che uccide 63 persone. Poi ci sono altri attentati elencati da Micalessin, per lo più contro israeliani. La laicizzazione del martirio si concretizza all’inizio degli anni ’90, quando la pratica dell’azione suicida viene accolta dal movimento palestinese di Hamas. Erede dei fratelli musulmani. Così l’arma più efficace del terrorismo diventa il terrorismo suicida. Il giornalista fa parlare i protagonisti di questi suicidi, così possiamo capire di cosa stiamo parlando.

Il martirio di Hussein rivive nel testamento di Salah Ghandour, uno shid che il 25 maggio 1995 si è fatto saltare nel mezzo di un convoglio israeliano nel Sud del Libano. “Chiedo ad Allah di garantirmi il successo e di incontrare il Signore del martirio il grande imam Hussein che ha insegnato a tutti i popoli come vendicarsi degli oppressori”. Intanto il padre spirituale degli hezbollah, Fadalluh, dichiarava: “siamo obbligati ad utilizzare tutti i mezzi per contrapporci al nemico. A causa delle nostre scarse capacità militari siamo costretti ad usare i corpi umani per avanzare lungo la linea del fronte”. Da questo momento, l’azione del martirio è a tutti gli effetti politici. E proprio il movimento palestinese di Hamas che prende l’eredità della pratica dell’azione suicida. “La Jihad è la vita, la morte nel nome di Allah è l’aspirazione esaltante”, dichiara la Carta programmatica di Hamas.

Esiste a Gaza, una vera e propria incubatrice di kamikaze, chiamato Castello dei martiri, proprio nel campo profughi di Jabalia, una striscia di disperazione. Secondo l’identikit del “Kamikaze tipo” pubblicato dal quotidiano israeliano Yediot Aharanot, il 68 per cento degli Shaid è originario di Gaza, nell’83 per cento dei casi è un single, e quasi sempre ha in tasca una laurea o un diploma.

Per averne conferma basta visistare l’università islamica di Gaza, tutti sono pronti al martirio, l’ideologia del martirio è stata alimentata, chiunque può essere un “istishadi”, un aspirante martire. Forse era una moda di quegli anni: “l’invasore non ci lascia altra scelta – spiega Youssif, 19 anni, studente di pedagogia – se non lo farò io, lo farà mio fratello”. Questa era la strategia fino al 2000, poi è cambiata con il voto dei palestinesi ad Hamas e quindi con il blitz terroristico del 7 ottobre 2023? Non più uomini bomba, ma veri e propri attacchi militari. Non lo sappiamo. Da ultimo sono interessanti le due schede pubblicate da Il Domenicale, una riguarda la famiglia di uno degli attentatori delle Torri Gemelle e l’altra di Andrea Morigi, che sfata alcuni miti sui suicidi jihadisti, consiglia di leggere il volumetto di Massimo Introvigne, Hamas (Elledici Leumann, Torino 2003)

DOMENICO BONVEGNA

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