Mostra fotografica Fabio Lo Re

“Di giorno non vedo l’ora che arrivi la notte, così chiudo gli occhi e riscopro tutto un mio alfabeto visivo”. Queste le parole di Fabio Lo Re, il fotografo messinese prematuramente scomparso nel novembre 2015 e la cui esposizione dall’evocativo titolo “Etere” sarà inaugurata il 7 aprile alle 18 presso l’Associazione culturale La Stanza dello Scirocco, in via del Vespro 108. Si tratta di dodici immagini in analogico, che rimarranno in mostra tutti i giorni dalle 16,30 alle 20,30 fino al 21 aprile, domeniche escluse.
“L’opera di Fabio Lo Re – dichiara Barbara Lanza, curatrice dell’evento – ha ricondotto la mia memoria alla fotografia di Franco Vimercati, le cui opere si trovano in alcune delle più importanti collezioni italiane e utilizzano solo presenze del quotidiano. E pure a quella di Mimmo Jodice, con le sue ricerche sulle statue di Canova. Ma tralasciando le similitudini, ci tengo a precisare che ho amato da subito il lavoro di Lo Re soprattutto per una sua peculiarità: l’immersione nelle tenebre di oggetti quotidiani, nello specifico statuette che appartengono a una collezione della sua famiglia da diverse generazioni e provenienti dai più reconditi anfratti del mondo, e la modalità di catturare la luce ricreandola con i LED e puntandola sui dettagli dei soggetti fotografati. Una ricerca, a mio avviso, tanto interessante quanto intima e tramite la quale l’oggetto, prima testimone muto, prende voce, esce dal buio, si racconta, parla di sé, diviene storia narrata e narrante”.
Lo stesso autore, del resto, così descriveva la sua ricerca: “Per quanto riguarda la luce si evolve sempre sulla strada dei LED, anche se sarebbe meraviglioso poter intrappolare quella naturale allo stesso modo… credo impossibile”, mentre per il critico della rivista online “Insideart”, Claudia Quintieri, le opere di Lo Re sono “fotografie notturne… frutto di un lavoro intimista che crea un’emersione inconscia e un’immersione sensitiva. Che gioca con ciò che si cela, che acuisce con ciò che si vede: svelamento/occultazione”.
Prima di approdare a Messina, “Etere” è stata ospite, a Roma, di “River of Trees”, progetto a cura di Francesca Orsi e Michela Becchis.
“L’etere di Fabio Lo Re – ha scritto in quell’occasione Orsi – va al di là dell’uomo e della sua esistenza. Ѐ un’indagine quasi “archeologica”. E ancora: “Avvertii subito un valore rituale ancorato a quegli oggetti, delle rappresentazioni di qualcosa di sacro. Come dei piccoli totem essi rappresentano un legame e un’appartenenza”.
Dal canto suo, questo sottolineava Becchis delle opere dello scomparso artista: “Lo Re invita lo sguardo a mettere in funzione la memoria personale che nel riconoscere l’esatta dimensione di un oggetto, come di un ricordo o di un’emozione, mai mette in funzione solo l’ironia o solo la malinconia”. Elementi, secondo Becchis, attraverso cui il fotografo messinese “disegna semplicemente la linea, fisica e temporale, che impedisce l’evanescenza della condizione umana”. E se l’espressione artistica è sinonimo di immortalità, immortali sono pure le opere di Fabio Lo Re.