Nell’anno del Signore 2017

di ANDREA FILLORAMO

Siamo giunti agli ultimi giorni dell’anno del Signore 2017 e siamo in attesa del Nuovo Anno. Si ripete il rito dello scambio degli auguri e tutti sperano che il nuovo anno sia migliore del precedente. Ciò avveniva anche nell’antica Roma, quando nel periodo iniziale dell’anno ci si scambiavano verbalmente gli augùri nella speranza di futuri momenti felici e, in forma scritta dal 1475, da quando per le feste del Capodanno uno studente tedesco scrisse un biglietto d’auguri a un suo insegnante. Ho pensato a lungo su questo rito divenuto formale d’inizio d’anno e sono pervenuto ad alcune considerazioni. Ogni uomo, giunto ad una certa età, dopo aver percorso un lungo cammino, faticoso per le scelte fatte, capisce che chiudere con un anno e attenderne uno nuovo è un semplice e gioioso modo per esorcizzare lo scorrere del tempo che inesorabilmente procede senza concedere di guardarsi indietro con o senza i botti e i cenoni fatti per abbuffarsi. Sente, allora, il bisogno di riflettere non tanto sulle sue corrose esperienze che appartengono al passato di cui al massimo coglie le scorie che si accumulano nella mente come spesso accade al mattino da sveglio quando cerca di richiamare alla sua memoria i sogni che gli appaiono, però, frantumati e di difficile o impossibile collocazione spazio-temporale, ma sul mondo in cui vive, che è un mondo complesso, che, per essere interpretato esige un continuo esercizio culturale e spirituale e che non lascia più spazio a interpretazioni, a teorizzazioni. Si lascia, pertanto, penetrare dal dubbio su tutto, aprirsi e nello stesso tempo chiudersi al confronto, temere di disgregarsi come unità compatta. Sono queste le strategie che appartengono alla vita. Egli sa che ha molte personalità simultaneamente e per quanto desideri fortemente di difendere la sovranità del suo io individuale, spesso non riesce. Siamo mortali ma, come la Cleopatra di Shakespeare, nutriamo desideri immortali; e la contraddizione è la nostra linfa vitale. L’uomo, a conclusione di un anno e prima di attendere il sorgere dell’anno successivo deve riflettere che nonostante la complessità del sistema della vita, prima o poi dovrà inesorabilmente fare i conti con nostra sorella morte, che arriverà comunque e non saremo noi a poterne stabilire data ora e luogo, che arriva invece con una semplicità estrema: un soffio, un istante, una circostanza, una malattia e l’esordio fatale di un respiro che lascia la vita, di un cuore che cessa di battere. Tutto avviene con una semplicità estrema, rendendo anche un po’ ridicola la complessità della vita terrena che si deve abbandonare. E’ questa l’architrave di situazioni in cui ognuno è catapultato ogni giorno, poi: un soffio e finisce. Che non finisca, per noi, però, la speranza cristiana contenuta nei nostri auguri. Non di rado, nel mondo moderno, ci sentiamo perdenti. Ma l’avventura della speranza ci porta oltre. Scrisse Henri Nouwen (prete e scrittore olandese 1932 – 1996 ): “Vi è una relazione intima tra gioia e speranza. Mentre l’ottimismo ci fa vivere come se presto un giorno le cose dovessero andare meglio per noi, la speranza ci libera dalla necessità di prevedere il futuro e ci consente di vivere nel presente, con la profonda fiducia che Dio non ci lascerà mai soli, ma adempirà i desideri più profondi”.