Alle porte dell’Avvento

di Ettore Sentimentale

Scrivo dopo aver concluso il giro delle visite nella zona pastorale che il vescovo mi ha affidato e prima degli incontri (attorno al 20 febbraio p.v.) con mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano Laziale che incontrerà clero e laici in due rispettive assemblee per stimolare i relativi partecipanti a un rinnovato impegno a una Chiesa “altra”.

Per quanto concerne il “tour” nel territorio della fascia jonica, posso tranquillamente dire di aver incontrato tutti i preti del territorio (alcune più di una volta) e parecchi laici. È stata un’esperienza particolare, della quale vorrei riprendere alcuni punti nodali che possano servire per un primo confronto sereno e leale fra tutti coloro che nella Chiesa lavorano in favore del Regno di Dio. Mentre ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato a comprendere quanto e come le comunità parrocchiali realmente vivono, oso avanzare alcune indicazioni per una pastorale più “funzionale”.

La prima cosa che sostanzialmente emerge dall’insieme delle analisi tocca la natura e la metodologia dell’approccio pastorale il quale dovrebbe anzitutto scrollarsi di dosso gli schemi trasfusi (in tutte le componenti del Popolo Santo di Dio, seppur in misura diversa), impregnati di conformità a un certo modello verticistico. Parafrasando il titolo del libro di mons. Semeraro “Il ministero generativo – per una pastorale delle relazioni”, EDB 2016, si deve affermare che l’agire della Chiesa (la pastorale) è “obbligato” a proiettarsi in una prassi generativa di nuove proposizioni e stili, coniugando i verbi sui quali l’autore si sofferma: “desiderare, generare, curare, lasciar andare”.

La svolta di cui sto parlando (ampiamente sollecitata dal Concilio Vat. II e mediata nella nostra diocesi attraverso tanti documenti, uno fra tutti “Da una pastorale di conservazione a una pastorale missionaria” del 1986) affonda le radici nella considerazione che le persone in ricerca di un senso non possono essere considerate utenti passivi ma uomini e donne che con le proprie facoltà attestano la libertà di Dio. La motivazione profonda di ciò si rintraccia nell’accettazione che la Chiesa, lontana dall’offrire il volto di una istituzione detentrice di una verità (qui il magistero di papa Francesco è costante e profondo), cerca nell’ascolto i segni della propria identità e missione.

Se da una parte questi passaggi possono essere visti come “generici” e quindi “validi per tutti e per nessuno”, dall’altra bisogna almeno guardarsi attorno per cogliere che vivendo oggi nella “Galilea delle genti”, cioè in un mondo liberato dalla tutela clericale e dalla religione come necessità, si aprono spazi nuovi, liberi, critici, comunitari…dove la fede cristiana può emergere con rinnovato vigore nella ricerca di un di più di umanità e qualità di vita.

Faccio solo un esempio. Non ho nulla contro le manifestazioni di religiosità popolare che danno corpo all’azione pastorale (se provassimo a pensare per un attimo a cosa resterebbe in tante nostre comunità parrocchiali senza di esse… resteremmo con un pugno di mosche fra le mani!), ma non possiamo cullarci in questo inizio del terzo millennio nella convinzione che il credente maturi e viva la propria fede solo attraverso di esse…Se così fosse dovremmo ammettere che la vita parrocchiale avrebbe una sola cornice che per quanto “buona” risulterebbe riduttiva.

Che ne sarebbe della condivisione della Parola, della vita, dell’Eucaristia, della missione e del ringraziamento? Elementi essenziali e irrinunciabili per la vita di ogni comunità!!!

Solo questo “ritmo” genera relazioni più spontanee e approfondite, risveglia la coscienza degli animatori e dei partecipanti e obbliga a cercare sempre nuovi “invitati”.

Siamo alle porte dell’Avvento, un periodo liturgico nel quale dobbiamo vivere senza lasciarci appesantire “da crapule e ubriachezze” (1Pt 4,3), ma attendendo vigilanti il ritorno del Signore nella gloria (primo periodo del nuovo anno liturgico) e la sua venuta nella fragilità umana (seconda parte dell’avvento).

Auguro a tutti di essere attenti e gioiosi ad accogliere la venuta del Signore.