Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare

Lc 17,5-10
Gli apostoli dissero al Signore: "Accresci in noi la fede!". Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

di Ettore Sentimentale

Più che mai attuale la richiesta iniziale di questa pericope da parte degli apostoli, disorientati davanti alle immense sfide del loro compito: insegnare alle loro comunità tutti i “contenuti” ricevuti da Gesù…elencati nei brani evangelici delle precedenti settimane. A mo’ di esempio: il perdono (fino a 7 volte al giorno), la condivisione delle ricchezze con i poveri, l’impossibilità di servire Dio e il denaro, il desiderio di cercare chi si è perduto e condurlo alla mensa eucaristica, lo stile alternativo per gli inviti ai banchetti (poveri, malati…)
Davanti a questa missione “impossibile” hanno conosciuto il cocente rifiuto di alcune resistenze e si convincono che è vitale per il prosieguo richiedere un “supplemento di fede” al Signore. Gesù risponde che bisogna osare: è il momento in cui la fiducia nel Padre deve essere ancora più genuina senza scoraggiarsi davanti a ostacoli che potrebbero sembrare insormontabili…senza mai edulcorare le esigenze del messaggio cristiano. La risposta di Gesù continua e ci fa intravedere un’altra tentazione che incombe sui responsabili della comunità che – tacitamente – attendono una ricompensa particolare. Il discorso che sottostà (come appare dal contesto) è lineare e scontato: poiché noi (apostoli, discepoli, ministri del vangelo…) portiamo delle responsabilità molto pesanti, dovremmo avere una ricompensa supplementare!
Gesù taglia corto: mai! Per nessun motivo. La comunità (o la Chiesa) non è il luogo dove – come avviene per il mondo – si dispensano gratificazioni o si venerano particolarmente coloro che si sono distinti per i loro talenti e titoli…
È amaro ammetterlo…ma con questa chiave ermeneutica si possono rileggere tante lotte intestine, all’interno del mondo ecclesiastico, ove invece l’unico onore dovrebbe essere quello di essere stati scelti dal Signore per servire.
Qui Gesù dice chiaramente: l’unica vostra ricompensa è il servizio. Non siete consacrati per distinguervi dagli altri.
La motivazione che sostiene queste affermazioni è pura logica evangelica. Infatti, se per il mondo essere servi significa essere considerati inferiori agli altri, nella Scrittura uno dei titoli più belli è “servo di Dio”. La gioia più grande di Maria è di proclamarsi “serva del Signore” (Lc 1, 38).
Spero che questo piccolo brano evangelico oltre a segnare lo spartiacque fra “servire e servirsi degli altri” possa dare coraggio a tutti coloro che hanno ricevuto la vocazione di guidare i propri fratelli nella fede, così come a tutti coloro (uomini e donne) che si consacrano (spesso nel silenzio) a compiti diversi: preparare una riunione, organizzare delle visite agli ammalati, curare gli spazi comuni… Mi auguro che la nostra fede, per quanto piccola possa essere, non si lasci travolgere dagli ostacoli: le montagne di preoccupazioni e di rifiuti…scompariranno quando il Signore lo vorrà.