Tutto quello che può nuocere al prossimo, è compreso nell’omicidio

Riprendiamo gradualmente i nostri impegni, al termine dell’estate, mentre l’inizio del nuovo anno pastorale – contrassegnato da un profondo momento di riflessione sull’Esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia” – ci proietta nell’ultimo scorcio dell’Anno della Misericordia.

Desidero pertanto collegare questa lettera alle precedenti attraverso una base comune: l’esigenza e l’urgenza dell’amore, in un momento in cui anche fra cristiani si profilano orizzonti discutibili nei contenuti e ambigui nelle scelte operative, nel vissuto sociale. Questo modus operandi si configura come “roba da vecchio testamento”, non per denigrarne la portata vitale quanto per sottacere la rottura fra l’insegnamento di Gesù e quello di Mosè.

A tale proposito c’è una chiara affermazione di Joseph Moingt in “La Plus Belle Histoire de Dieu”, Paris, Seuil 1997, 128: “L’amore e la giustizia verso il prossimo sono l’amore di Dio e vengono a sostituire tutti i precetti della legislazione giudaica, la Torah nel suo insieme. Questo provoca rottura”.

Nel vangelo di Marco (10,17ss) si dice che un uomo domanda a Gesù cosa deve fare per entrare nella vita eterna. Gesù gli risponde che deve osservare i comandamenti: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». A ben guardare Gesù omette di citare i primi tre comandamenti che riguardano il rapporto di dell’uomo con Dio, non prendendo in considerazione che proprio da questi scaturiscono le esigenze della carità riguardo al prossimo.

Con grande sorpresa Gesù mette al primo posto: “Non uccidere” per enunciare che tale comandamento approfondisce “Ama il prossimo come te stesso”.

Emerge subito che l’ultimo precetto si rifà a Lv 19,18, ma nel contesto del primo testamento il prossimo è il “fratello”, il “figlio dello stesso popolo”. Gesù, invece, universalizza l’esigenza dell’amore. A lui interessa considerare ogni uomo come “il prossimo”. L’umanità non è altro che un solo popolo.

Oggi però si assiste al disfacimento sistematico di tale unità, attraverso la creazione di nuovi muri, di nuovi steccati fra i popoli. Dice Jacques Gaillot: “oggi tutto circola liberamente (denaro, merci, etc…) tranne l’uomo”.

Ora, se l’esigenza “ama il prossimo” è strettamente dipendente dall’imperativo “non uccidere”, significa che il primo risvolto dell’amore del prossimo consiste nel non esercitare alcuna violenza incontrandolo.

Vado al concreto della questione, altrimenti rischierei di farvi rimanere fra le nuvole…

Lo faccio tramite una espressione della “Summa theologiae” di S. Tommaso d’Aquino: una profezia lunga nove secoli ma che rischia di essere una semplice utopia. Scrive il dottore angelico: “Tutto quello che può nuocere al prossimo, è compreso nell’omicidio” (Questione 122, art 6; la si può trovare anche online).

Da questo assunto derivano molte conseguenze che hanno a che fare con l’omicidio (materialmente inteso) ma pure con tutte le iniziative che tendono a provocare l’eliminazione del prossimo.

Della prima forma, le pagine di cronaca nera dei quotidiani sono costantemente stracolme, delle altre forme di omicidio (indiretto ma reale) ne parlano solo alcune persone scomode. Fra queste, papa Francesco il quale ha denunciato che abusando del creato, dell’indigenza di molti popoli, della buona fede di molti fedeli…a vari livelli vengono sfornati continuamente gli “scarti di produzione” ed eliminate tante vite. Forme più o meno aggiornate di omicidio.

Concludo con una provocazione, frutto di attenta riflessione sulla questione degli immigrati che scappano dalle varie forme di disperazione e, arrivati sul nostro suolo vengono sì accolti e aiutati, per essere poi sistematicamente ignorati…non tanto dallo Stato, quanto dai cristiani (molti dei quali impegnati in politica).

I discorsi che molti di costoro fanno girare, sono semplicemente farneticanti: “Se vogliono (i volontari, etc…) fare la carità, la facciano di tasca propria e non con il denaro dello Stato…”.

Forse ci siamo assuefatti anche al cinismo e non ci meravigliamo più?

È vero: certo denaro non può servire alla giusta causa, perché è frutto del sangue, della fatica, della miseria della gente!

Come si pensa di riparare per tutte le ingiustizie consumate in danno di queste persone?

Si potrebbe almeno iniziare a smascherare il linguaggio educato e attraente che serve per camuffare l’avarizia e l’idolatria, un modo elegante che grida vendetta al cospetto di Dio.

Tanti cristiani vengono uccisi nei paesi extra europei per blasfemia, mentre nell’Europa “cristiana” (secondo i fautori di una certa bonifica razziale che rifiuta la contaminazione degli extra-comunitari e teme che i valori specificamente cristiani possano essere spazzati via) tanti credenti continuano ad essere blasfemi e “omicidi” per “tutto ciò che nuoce al prossimo”.

Questa immagine è tanto paradossale quanto vera, grazie soprattutto al silenzio-assenso di coloro che dovrebbero avere un rapporto vero e autentico con il Vangelo.

Amici cari, facciamoci promotori della vita in abbondanza.

Ettore Sentimentale