Parigi, prima e dopo

Leggiamo che, dopo il criminale e sanguinoso attentato a Parigi a opera di terroristi, la Francia, per bocca del suo presidente, Francois Hollande, si è detta in guerra. Aerei militari francesi hanno condotto una serie di bombardamenti a Raqqa, roccaforte dell’Isis (Is o Daesh). I bombardamenti preventivi francesi su obiettivi militari non servono, non fosse altro perchè non c’è quasi più nulla da bombardare senza creare danni alla popolazione (gli americani non trovano più obiettivi, ora bombardano le autocisterne). Si vogliono chiudere le moschee sospette. Chiudere le moschee non serve, non fosse altro perchè si impedisce l’infiltrazione dei servizi segreti, oltre per ragioni ovvie, così come non si sono chiuse le chiese cattoliche o anglicane quando imperversavano gli scontri tra gli indipendentisti irlandesi e i britannici. Si vogliono chiudere le frontiere ma i controlli si possono fare egualmente, rispettando i trattati europei e, comunque, non è da sottovalutare il fatto che i terroristi dell’attentato sono cittadini europei (francesi e belgi). Ricordiamo che l’intervento in Libia fu promosso dall’ex presidente francese Nicolas Sarközy, con le conseguenze attuali e che lo stesso Hollande promosse un intervento militare contro il presidente siriano Bashar al-Assad, il che avrebbe dato la Siria in mano all’Isis. La sensazione è che la vita dei cittadini sia in mano a dilettanti o, peggio, che si perseguono politiche estranee alla nostra sicurezza.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc