Felicitazioni per don Salvatore Sinitò

di ANDREA FILLORAMO

Giorno 6 settembre p.v alle ore 10,00 a Calatabiano (CT) sarà insediato come arciprete don Salvatore Sinitò. Si chiude, così, dopo un anno, con la totale “riabilitazione” del sacerdote precedentemente incardinato nell’arcidiocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, che, come arciprete di Taormina, aveva dato piena testimonianza di disponibilità, di impegno pastorale, di semplicità di vita, “licenziato”, dall’Arcivescovo di Messina, che immediatamente dopo l’ha sostituito con il suo Vicario Generale dimissionario. A nulla erano valse le preghiere degli abitanti di Taormina, che riconoscevano che Sinitò aveva “rivalitizzato la comunità religiosa”. Perché allora questo “allontanamento” di un prete che godeva la stima di tanti? Tutti lo sanno e tutti ne parlano. Mons. Calogero La Piana, arcivescovo di Messina, doveva necessariamente trovare per Mons. Carmelo Lupò, una parrocchia prestigiosa e nessuna altra parrocchia, in tutta l’arcidiocesi peloritana, era più prestigiosa di quella di Taormina. Per tale motivo, appoggiando la“campagna di calunnie” da parte di persone cui don Salvatore aveva tolto posizioni di privilegio, che, fra l’altro “spettegolavano” di un suo presunto e incredibile flirt con una giovanissima ragazza del luogo, lo obbligava alle dimissioni“. Per un anno Sinitò, è rimasto nel silenzio, nel dolore di non potere esercitare una missione alla quale si sente chiamato. Nelle sue orecchie, per tanto tempo, sono rimaste fisse le parole dette da uno stretto collaboratore dell’arcivescovo ad un notabile locale che tentava di mediare: “Purtroppo deve andarsene, è una faccenda grave”. Ciò, fino a quando il vescovo di Acireale, non ha deciso, previa lettera all’arcivescovo di Messina con cui chiedeva l’autorizzazione a incardinarlo nella sua diocesi, di nominarlo arciprete. E’ d’obbligo dire che Calatabiano, pur essendo nella diocesi di Acireale, confina con Taormina che appartiene alla diocesi di Messina. Ciò la dice lunga dell’intelligenza e della sensibilità di Mons. Antonino Raspante, vescovo di Acireale, che provenendo dal clero diocesano ed essendo stato più volte parroco, conosce i problemi di chi dona totalmente se stesso, rimanendo nel secolo. Don Salvatore Sinitò, divenuto arciprete, avrà, come promesso, non solo un Vice che l’aiuterà nel ministero ma di ogni aiuto da parte del vescovo al quale si è affidato. E’ certo che, per lui, lasciare una diocesi per l’incardinamento in un’altra è l’equivalente di una rottura di matrimonio, anzi di un divorzio e lo “strappo” egli lo sente molto. Non si tratta, infatti, solo di un fatto giuridico previsto dal Diritto Canonico, ma di una separazione da un “presbiterio” al quale era legato, da tanti confratelli con i quali aveva pregato, discusso, operato. Spero che il presbiterio messinese, privato di un confratello, si senta con lui solidale e partecipi al suo insediamento nell’arcipretura di Calatabiano. Sarebbe interessante che i preti che hanno partecipato alla presa di possesso dell’arcipretura di Taormina da parte di Mons. Lupò, partecipino tutti a quella di Calatabiano. Si tratterebbe di una “sanazione” di un “vulnus” che senza un gesto del genere rischia ancora di sanguinare. E l’arcivescovo di Messina? Non mi permetto di chiedere a lui un atto di umiltà, in quanto l’umiltà è verità e la verità rischia di avere molte sfaccettature dipendenti dalla visione di ciascuno di noi ma so che anche mons. La Piana ha una coscienza. A quella sono certo che si riferirà.