La beatificazione di Oscar Romero, arcivescovo di El Salvador

di ANDREA FILLORAMO

La cerimonia per la beatificazione di Oscar Romero, arcivescovo di El Salvador, ucciso nel 1980 dagli “squadroni della morte” mentre celebrava messa, avverrà entro la fine del 2015 nel paese latino – americano. "Se qualcuno si è opposto con mala coscienza sarà bene che faccia un mea culpa – ha dichiarato il postulatore della causa mons. Paglia ai giornalisti, facendo riferimento a molti che nella Curia Romana si opponevano – ma bisogna anche riconoscere che nella Chiesa c’è stato chi ha lavorato tenacemente per la causa di monsignor Romero". E a chi gli chiedeva se il suo sia stato anche un martirio "politico", il postulatore rispondeva: "Anche quello di Gesù, in un certo senso, lo è stato. Gli ebrei lo consegnarono dicendo che non avevano altro re all’infuori di Cesare. Del resto la fede o ha un contenuto che illumina il mondo o non ha senso”. La beatificazione avverrà – e non è un caso -", mentre sul soglio pontificio c’è un Papa anch’egli sudamericano, che coglie della cosiddetta “Teologia della Liberazione”, il suo nucleo essenziale, cioè l’amore verso i poveri. Ma cosa si intende per “ teologia della liberazione”? Si tratta di una corrente cattolica di pensiero, sviluppatasi in America latina, che tendeva a porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano. Il movimento ha avuto una vita breve, in quanto, ha avuto molti oppositori, fra questi, in modo particolare, il pontefice Giovanni Paolo II, di cui Mons.Paglia dice: “Giovanni Paolo II fu male informato. Ma poi capì" . Per tali motivi, i suoi principali artefici furono progressivamente allontanati dai nodi gerarchici superiori e il loro campo d’azione fu molto ridotto. Emblematico fu il caso di P. Leonardo Boff che, dopo diversi processi ecclesiastici, abbandonò il ministero sacerdotale nel 1992. La Teologia della Liberazione predicava una Chiesa vicina ai più poveri e, nella sua versione più estrema, una vera e propria aderenza all’analisi della società fatta dal marxismo”. Monsignor Paglia ha chiarito ad Avvenire come il pensiero teologico di Romero fosse “uguale a quello di Paolo VI, definito nell’esortazione “Evangelii Nuntiandi”, come rispose egli stesso nel 1978 a chi gli chiedeva se appoggiasse la Teologia della liberazione. E che, in sostanza, in un contesto storico caratterizzato da estrema polarizzazione e da cruenta lotta politica, si scambiò per connivenza con l’ideologia marxista la difesa concreta dei poveri, che Romero sosteneva non per vicinanza alle idee socialiste ma per fedeltà alla Tradizione. Occorre tener conto che quelli erano gli anni della guerra fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica: la dottrina politica americana dell’epoca vedeva nel Sudamerica un’area saldamente all’interno della sua sfera di influenza, dove non era possibile tollerare dei regimi ostili – cioè comunisti. Perciò gli Stati Uniti fornirono aiuti, appoggio e addestramento a regimi militari, spesso estremamente brutali e contro questi regimi Romero ha combattuto la sua battaglia fino al martirio, per la difesa dei poveri, poiché essi per lui “sono il Cristo nella storia, il Cristo crocifisso”. La scelta dei poveri ha cambiato la sua concezione stessa della chiesa, identificata appunto con i poveri, da lui chiamata“chiesa popolare”, che “relativizza il senso della istituzione e del diritto canonico”, che” cambia il senso dell’ identità cristiana”, definita non più dall’appartenenza all’istituzione ma dall’identificazione con i poveri. Essa ha cambiato in lui il senso della missione sacerdotale ed episcopale che è diventata quella di “andare raccogliendo i cadaveri e tutto ciò che produce la persecuzione della chiesa”; è diventata quella di “restituire la speranza ai poveri”. In Romero la scelta dei poveri ha cambiato la sua esperienza di Dio, che è diventato il “Dio dei poveri”; il senso della gloria di Dio che è diventato la vita del povero che è ”gloria Dei vivens pauper”; il senso della messa, che, celebrata con i poveri, ha cessato di essere un dovere giuridico ed è diventata “la presenza di Cristo crocifisso e sanguinante e il sacramento della comunione con i poveri”, che rinnova il senso dell’amore, scoprendo la sua dimensione politica.”Così la teologia della liberazione ha cessato di essere una nuova dottrina ed è diventata una nuova e sconvolgente esperienza di vita”.