Non è Francesco…

di ANDREA FILLORAMO

Il clericalismo: “è uno dei mali della Chiesa, ma è un male complice, perché ai preti piace la tentazione di clericalizzare i laici; ma tanti laici in ginocchio chiedono di essere clericalizzati, perché è più comodo!… Dobbiamo vincere questa tentazione!”. Questa può essere l’indiretta risposta che papa Francesco dà ad Antonio Socci, che nel suo libro: “Non è Francesco”, racconta la propria delusione per un papa, che egli dice di aver accolto “a braccia spalancate, come era giusto fare, ritenendolo un Papa legittimamente eletto”. Poi, però, dopo un certo ripensamento, ha ritenuto la scelta operata dal Conclave addirittura illegittima. Il motivo è tutto racchiuso, in una presunta “scheda” che durante il conclave, appare e scompare come in un gioco di prestigio, senza che si sappia chi fosse il prestigiatore. Il conclave, quindi, secondo il Socci, si sarebbe concluso con un’azione "truccata", accettata dai cardinali, una “finzione” preparata ad arte per illudere milioni di persone, con la partecipazione “ silente” del Collegio dei cardinali, sia di quelli bergogliani, che Secci pensa che fossero aperti a tutte le idee modernistiche, sia particolarmente da quelli che si erano battuti per fare eleggere l’arcivescovo di Milano, il Cardinale Scola, e che vedevano in lui il successore di Ratzinger, capace di proseguire con più coerenza e successo degli altri papabili la sfida oscurantista del papa tedesco, l’intransigenza dogmatica, il “fronte integralista” con l’islam, la presenza decisiva della fede cattolica nella legislazione civile, la spregiudicatezza nel confronto pubblico con l’ateismo, e, per finire, l’affabilità pastorale. La tesi e l’accettazione dell’illegittimità del pontificato di papa Francesco, sostenuta da Socci, si desume dalla lettura del contesto del suo libro. Lo scrittore fa sua questa “trovata”, piuttosto “ geniale”, e sostiene di “averla appresa” dalla biografia di Bergoglio, faffa della giornalista vaticanista argentina Elisabetta Piqué, che, riferendo sul conclave, dal quale è uscito Bergoglio, fra le altre cose, scrive “È alla terza votazione, l’ultima della mattina del 13 marzo, che Bergoglio balza in testa, raggiungendo 50 voti e superando gli altri candidati. Alla quarta votazione, la prima del pomeriggio, l’arcivescovo di Buenos Aires sfiora il quorum di 77 consensi, necessari per l’elezione. Subito dopo, per la quinta volta gli elettori depongono la scheda nell’urna. Ma qualcosa non funziona. Il cardinale che conta le schede si accorge che ce n’è una in più, 116 voti per 115 elettori. Uno di loro, per errore, ha scritto il suo voto sulla scheda ma non si è accordo che in realtà era doppia, un’altra era rimasta attaccata. Così al momento della conta, quel foglio in più rappresenta un problema. Le schede non vengono scrutinate ma bruciate e si ripetono seduta stante le operazioni di voto. Finalmente, alla sesta votazione, Bergoglio è eletto e sfiora, secondo i 90 consensi. ”Il libro di Antonio Sacci" è dedicato a “Joseph Ratzinger”, che egli definisce” un gigante di speranza”. e si articola attraverso domande che non esito a chiamare surrettizie, in quanto in esse si insinua sempre furtivamente la gratuita affermazione dell’illegittimità del pontificato di papa Francesco. Lo scrittore, infatti, si chiede: “quella di Benedetto XVI è stata una vera rinuncia?” “Perché non è tornato cardinale?” “perché è rimasto Papa emerito”? Socci non vuole tenere conto che le risposte autentiche, che lui conosce bene, le ha date più volte lo stesso papa Francesco. Non c’è dubbio che si possono esprimere perplessità per il fatto, piuttosto curioso e poco comprensibile, che, Benedetto XVI, fissando la sua residenza all’interno della Città del Vaticano – e non in un lontano monastero – e al di là di ogni dichiarata intenzione contraria, potrebbe condizionare il suo successore, rendendogli più difficile fare delle scelte che contraddicessero le sue, ma papa Francesco non si lascia condizionare da nessuno, né il papa emerito intende condizionare il suo successore. Finisca Socci, quindi, di fare, l’apologia, del papa Benedetto e “ utilizzi la sua penna” per contribuire a rendere fattibile la grande rivoluzione che intende fare papa Francesco. Socci conosce chiaramente tutti i gravi e urgenti problemi che Ratzinger aveva ereditato da Giovanni Paolo II, che sono rimasti irrisolti e, anzi, che si sono aggravati in presenza dei rapidi cambiamenti in corso nella Chiesa e nel mondo. Riconosca che Il suo pontificato è stato caratterizzato più da ombre che da luci. Infatti, le grandi questioni alle quali si trova ancora di fronte la Chiesa, e soprattutto il suo vertice, dipendono dalla mancanza, evidente nel pontificato ratzingeriano, di una riforma delle sue strutture e della sua pastorale, conseguenza di una accettazione ambigua e reticente del Concilio Vaticano II. E, per questi ritardi, Benedetto XVI ha precise responsabilità. Gli errori nella scelta delle persone, in particolare del Card. Bertone, si è unita alla incapacità, o alla mancanza di vera volontà riformatrice, nel governo della Curia. Ne sono seguiti i ben noti intollerabili scandali. Che papa Benedetto, nella gestione del suo pontificato, avesse un orientamento conservatore, come quello del Socci, nessuno può negarlo. Citiamo soltanto come l’apertura ai lefebvriani e la ripresa della liturgia in latino della messa di S. Pio V, che hanno portato a esiti del tutto negativi, nonostante i tanti sforzi impiegati. Ricordiamo ancora l”incidente” di Regensburg e quello della preghiera del Venerdì Santo sulla “illuminazione” di cui avrebbero bisogno gli ebrei sono stati recuperati tardi e faticosamente. Tutte le questioni relative ai ministeri ecclesiali e all’approccio alla sessualità, che sempre più frequentemente sono all’ordine del giorno nella Chiesa a tutti i livelli, sono rimasti non solo congelati ma anche banditi dalla discussione. Ugualmente sono continuati i precedenti interventi punitivi sui teologi ritenuti non ortodossi, e non solo su quelli della teologia della liberazione, limitando così l’utilità per la Chiesa di contributi indispensabili alla sua riforma. Stupisce, poi, che Benedetto XVI non abbia reagito nei confronti delle “Linee Guida” per combattere la pedofilia del clero emanate della Conferenza episcopale italiana, che non contemplano il dovere del vescovo di adire immediatamente i giudici civili. Potremmo ancora continuare. Diciamo, pure, che papa Benedetto, presa coscienza dell’impossibilità o della sua incapacità di affrontare questi problemi, ha avuto il coraggio di “lasciare” e dare spazio al papa argentino, che sta realizzando quella rivoluzione che i credenti si aspettavano. Ciò va al di là della delusione che Antonio Socci manifesta, quando scrive: “Purtroppo, oggi io sono uno dei tantissimi delusi, un sentimento che dilaga sempre più tra i cattolici, seppure non raccontato dai giornali”.