Sulle orme del Vangelo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi

Gv 20,19-23
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".

di Ettore Sentimentale

Il brano in oggetto ci viene proposto in occasione della Solennità di Pentecoste, una festa di origine giudaica nella quale confluiscono due elementi diversi, uno agricolo (festa del raccolto) e uno storico (rinnovamento dell’Alleanza di Israele con Dio).
I cristiani tuttavia vi scorgono un cambiamento notevole di prospettiva: la religione che essi professano non è più quella della “legge”, bensì quella dello “spirito”. La ricaduta di questa nuova visione è immediata: guai a ridurre il cristianesimo a un insieme di verità, di norme, di osservanze rituali. Sarebbe una pazzesca deformazione del messaggio evangelico, il quale – proprio in coincidenza della Pentecoste – sprona ulteriormente i credenti a impegnarsi nel mettere a frutto il Dono ricevuto. Tra le responsabilità più urgenti, a mio avviso, c’è la lotta senza tregua alla “mediocrità spirituale” (espressione cara a Karl Rahner).
È vero che dal Concilio Vat. II in avanti vi sono state tante sollecitazioni in tale direzione. Purtroppo bisogna ammettere che molti di questi sforzi hanno fortificato le istituzioni, salvaguardato la liturgia, vigilato sull’ortodossia … Di pari passo, però, non hanno stimolato abbastanza a “leggere” lo spegnimento dell’esperienza interiore di Dio nel cuore di molti fedeli.
È lampante che in numero sempre più crescente i cristiani si fermano alla corteccia della vita, perché moltissime comunità non promuovono la vita in “profondità”. Quanti sanno cos’è il silenzio interiore? Mi vengono in mente le parole della Scrittura: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13 riletto da Mc 7,6).
Nella Chiesa si parla molto di Dio. Dove e quando ascoltiamo la Sua presenza silenziosa? Quando accogliamo lo Spirito del Risorto?
La Pentecoste ci ricorda che Gesù “soffia” lo Spirito che ricrea l’uomo e che tale Dono va accolto nel profondo del cuore, smettendo di pensare a Dio solo con la nostra testa e iniziare a sentirlo nel più intimo del nostro essere.
Questa esperienza interiore, reale e concreta, trasforma la nostra fede, facendoci gustare una gioia nuova e intensa, come quella che provarono i discepoli “al vedere il Signore”.
Questa letizia ci terrà lontani dall’agitazione e dalla frivolezza della vita moderna; ci introdurrà in modo umile e sincero nell’esperienza interiore del Mistero di Dio.