La politica migratoria repressiva dell’Unione Europea ha un costo umano troppo elevato

In occasione della visita a Lampedusa di una delegazione politica europea e italiana per onorare le numerose vittime che hanno tragicamente perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee, Medici Senza Frontiere (MSF) chiede ai membri dell’Unione Europea di riconoscere il costo umano della loro politica migratoria repressiva e di concentrare gli sforzi non nella chiusura delle frontiere ai più vulnerabili, ma nella tutela della vita umana, attraverso operazioni di salvataggio marittimo più efficienti e il miglioramento delle condizioni di accoglienza.

Da gennaio, quasi 30.000 persone provenienti da Libia, Egitto e Siria hanno raggiunto le coste italiane via mare. La maggior parte di loro è fuggita da violenza o guerre e necessita di protezione internazionale. Lo scorso 3 ottobre, un’imbarcazione che trasportava circa 500 persone, soprattutto eritrei e somali, ha preso fuoco ed è affondata a pochi chilometri dalla costa italiana, provocando la morte di circa 300 passeggeri, bambini compresi. Queste vittime si aggiungono alle decine di migliaia di rifugiati e migranti dispersi nel Mediterraneo durante il viaggio verso l’Europa alla ricerca di sicurezza e di una vita migliore.
Il rafforzamento del controllo delle frontiere e l’assenza di opzioni legali per entrare in Europa spingono queste persone ad intraprendere un percorso sempre più pericoloso. "Gli Stati membri dell’Unione Europea non possono più ignorare il costo umano della loro politica. Quest’ ultimo incidente è il risultato diretto di una politica migratoria europea che criminalizza l’immigrazione irregolare e continua a tenere chiuse le proprie porte ai più vulnerabili", denuncia Freya Raddi, coordinatrice delle operazioni di MSF.

Questo tipo di misure ha conseguenze terribili per le persone che provano senza successo a raggiungere l’Europa. A pochi chilometri dalle coste italiane o nei paesi di transito, un numero incalcolable di persone perde la vita. Le misure messe in atto dalle autorità costringono queste persone ad un viaggio sempre più pericoloso. Coloro che sono sopravvissuti alla traversata si trovano attualmente all’interno dei centri di accoglienza in condizioni di vita vergognose. “Il centro di accoglienza di Lampedusa ospita oggi un numero di persone quattro volte superiore alla sua capienza. Non è una situazione nuova. Le famiglie dormono all’aperto in ripari di fortuna fatti di teli di plastica e materassi”, dichiara Freya Raddi. Ciò dimostra la mancanza di preparazione da parte delle autorità nei confronti di un fenomeno migratorio noto e prevedibile.

Le popolazioni sono oggi sempre più in movimento e le ragioni per cui si attraversano le frontiere sono molteplici. “I governi non possono continuare a contrapporre il controllo dei flussi migratori alla protezione dei rifugiati e al rispetto dei diritti dei migranti. Devono rispondere urgentemente alle questioni più ampie che riguardano l’assistenza e la protezione, garantendo soluzioni di lungo termine”, conclude Freya Raddi.

Medici Senza Frontiere è presente a Lampedusa dal 2002. Attualmente l’organizzazione fornisce supporto tecnico nell’ambito delle malattie infettive all’interno dei Centri presenti in Sicilia, Calabria e a Roma. A Ragusa, in Sicilia, MSF supporta le autorità sanitarie locali fornendo consulti gratuiti ai migranti negli ambulatori (STP) ed è disponibile inoltre 24 ore su 24 per far fronte all’arrivo di migranti nel porto di Pozzallo.

Oltre che in Italia, MSF è attiva in altri paesi per assistere i migranti. Nel nord della Grecia, l’organizzazione garantisce cure mediche e sostegno psicologico a migranti, rifugiati e richiedenti asilo nei posti di polizia di frontiera e nei centri di detenzione. Negli ultimi anni, in Marocco, a Malta e in Francia, le équipe di MSF hanno fornito cure mediche e psicologiche.