I NUOVI PIRATI DEL TERZO MILLENNIO

L’episodioche vede coinvolti i due marò italiani del reggimento San Marco accusati dal governo indiano di aver ucciso due pescatori, mi ha sollecitato a leggere un libro dal titolo I Nuovi Pirati. La Pirateria del terzo millennio in Africa, Asia e America latina,edito da Mursia nel 2009, scritto da Raffaele Cazzola Hofmann. Ho trovato questo volumetto recentemente,in una delle mie frequenti “incursioni”,presso una nota libreria remainders milanese. Proprio su questo tema ieri chiacchierando con i miei ragazzini a scuola dicevo, “sono ritornati i pirati”, e così la storia si ripete, anche se oggi il contesto politico ed economico della pirateria contemporanea sia ben diverso da quello dei secoli passati. Il libro di Cazzola è ben documentato, ricco di fonti interessanti. Mi sono accorto mentre lo leggevo che è necessario avere a portata di mano un buon atlante geografico, proprio perché gli scenari delle scorribande della nuova pirateria toccano tutti i continenti della terra: dalle coste dell’Africa orientale (il Golfo di Aden), a quelle occidentali intorno alla Nigeria, dall’Oceano Indiano al Mare Cinese Meridionale delle stretto di Malacca, all’America Latina.
Rispetto all’epoca dei leggendari corsari, dei vari Morgan , Drake, Kidd, Barbarossa, “il fine è sempre lo stesso: predare una nave, prendersi il ‘bottino’ e sequestrare l’equipaggio in modo di utilizzarlo come merce di scambio”. Per Cazzola però i pirati di oggi non assomigliano per niente a quelli di ieri: “non ci sono nomi di capibanda noti e altisonanti. Nel Seicento e nel Settecento i pirati rispettavano certe regole e gerarchie interne. I nuovi briganti del mare non si fanno tanti scrupoli. Nel saggio di Cazzola emerge con assoluta evidenza come la pirateria sia oggi parte di una rete criminale ben organizzata, dotata delle più moderne e sofisticate tecnologie, che soprattutto prolifica e cresce dove l’instabilità politica “a terra” è massima, il caso della Somalia è evidente.
I bersagli dei pirati sono i più disparati: yacht privati, pescherecci, petroliere e soprattutto mercantili. I pirati sequestrano ogni tipo di nave chiedendo riscatti milionari, costringendo le grandi compagnie marittime mondiali a rivedere le rotte, facendo salire alle stelle i premi assicurativi e destabilizzando i traffici commerciali via mare, a partire da quelli del petrolio a cavallo tra Asia ed Europa. Il fenomeno della pirateria è iniziato negli anni 80 del secolo scorso, da allora è cresciuto in maniera impetuosa. Intanto è un fenomeno che non si può circoscrivere solo al Corno d’Africa, anche se qui forse si riscontra quello più evidente. Il fenomeno ha rilevanza mondiale. “Elencare tutti i sequestri avvenuti negli ultimi otto anni è, per forza di cose, impossibile”. I motivi secondo Cazzola sono duplici: 1. la stampa praticamente ha ignorato il fenomeno, infatti da quello che ho potuto osservare i testi che affrontano l’argomento sono abbastanza esigui. “Al di là di alcuni clamorosi sequestri, le agenzie di stampa, i giornali e la televisione hanno sottovalutato un fenomeno tanto diffuso in alcune regioni (soprattutto in Asia e in Africa) quanto rimasto per lungo tempo sottotraccia”.Il secondo aspetto è di natura politica: infatti “il Paese più infestato dalla pirateria, la Somalia, si trova da quasi vent’anni nel caos e di fatto non ha un governo”. Ma nonostante queste difficoltà secondo Cazzola oggi disponiamo di notevoli informazioni sul fenomeno della pirateria. La fonte più utile è rappresentata dall’IMO, International Maritime Organization, il suo prezioso lavoro documentato è cominciato nel 1984. Oggi i dati aggiornati con cadenza mensile e annuale dall’IMO sono i più precisi, grazie anche alle segnalazioni inoltrate dai governi, dalle autorità portuali, dai comandanti delle navi e dagli armatori. Pertanto secondo l’IMO, dovrebbero essere circa 4.730 gli atti di pirateria registrati nel mondo fino al settembre del 2008. Nel solo 2007 gli atti di pirateria sono stati ben 282, un impressionante aumento rispetto all’anno precedente del 14 per cento. “Particolarmente bersagliate le navi commerciali”. Certo gli attacchi non sempre vanno in porto, un quarto vanno a vuoto. I Nuovi Pirati, fornisce numeri dettagliati delle varie scorribande dei pirati. Per quanto riguarda la pirateria nel Corno d’Africa, “il fattore più impressionante è la percentuale di successo ottenuta dai filibustieri nei loro tentativi di sequestro(…)in settembre, su tredici abbordaggi effettuati, ben nove sono andati a segno. E tutte le volte, oltre alla nave, sono rimasti nelle mani dei pirati anche i membri degli equipaggi”. Una certa impressione ha destato il sequestro della più grande petroliera mai costruita al mondo, la Sirius Star. Gli osservatori che analizzano questo fenomeno hanno sottolineato la spregiudicatezza dei pirati in questa regione del mondo. “Una volta rapiti, gli ostaggi spariscono, come avvolti nella fitta nebbia, nei molti porti somali in cui si trovano le basi logistiche dei pirati e in cui questi possono contare su connivenze a tutti i livelli”. Il libro di Cazzola documenta con precisione chirurgica come i pirati, in particolare quelli somali, con sofisticate tecniche di abbordaggio riescono a conquistare le grosse navi che passano lungo le coste davanti alla Somalia. E’ interessante capire la tecnica perché forse si riesce a comprendere quello che è potuto succedere intorno alla nave “Enrica Lexie”. “Utilizzando un peschereccio, cioè la migliore copertura possibile in un tratto di mare costantemente frequentato a ogni ora del giorno e della notte da decina di migliaia di pescatori, i pirati presidiano l’ampissimo ingresso del Golfo di Aden. Una volta avvistata la potenziale preda, non entrano subito in azione. Prima la scrutano, studiandone la struttura e cercando di capire quanto essa sia protetta e quale sia la consistenza numerica del suo equipaggio. Se l’imbarcazione viene considerata appetibile, i pirati continuano a spacciarsi per pescatori. E’ una mossa diversiva, questa, più necessaria che mai nell’attuale clima di massima allerta presente su ogni nave che debba passare il Golfo di Aden. A questo punto tutto è pronto per l’assalto. Dal peschereccio, che funge da vera e propria ‘nave madre’, partono delle piccole e veloci imbarcazioni. Con esse i pirati, armi in pugno, attaccano il loro obiettivo”. La battaglia contro la pirateria è lontana dall’essere vinta. Eppure grazie al dibattito apertosi negli ambienti sia politici che militari, oggi le prospettive sono migliori rispetto al recente passato: la pirateria è un fenomeno uscito dall’ombra e ormai stabilmente al centro dell’agenda mondiale. Infine nel libro sono state raccolte le testimonianze dei capitani di vascello Giorgio Gomma e Fabrizio Simoncini, che hanno comandato rispettivamente l’Etna e il Luigi Durand de la Penne in missione antipirateria al largo della Somalia. 

 DOMENICO BONVEGNA
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