Cristina Riso, Il Verde trionfa sullo Stretto

Per intercettare Cristina Riso bisogna armarsi di pazienza e telefono e magari varcare lo Stretto: la parola relax non è prevista nel suo dna. Cristina ha sempre una battaglia per cui combattere che sia la difesa dell’ambiente o la salvaguardia dei diritti delle persone poco cambia. La trovi sempre in prima fila a sgretolare il muro dell’indifferenza. Cristina nasce a Reggio Calabria 29 anni fa e ci vive da sempre, un po’ per scelta e un po’ per destino. Crede nel viaggio come esperienza e come metafora. “Ho vissuto tante vite e credo che non smetterò. Di ognuna porto con me un tesoro e una sconfitta. Ho amici eterni e mi piacciono le persone e i loro frammenti di universo. Sono avvocato da tre anni, ma non lo sono davvero perché continuo a riservarmi di decidere chi difendere e perché. Le esperienze associative fanno parte del mio passato scout e del mio presente di attivista di ReteRadici/Rosarno e di Stopndrangheta.it“. Ultima annotazione: da qualche mese Cristina è Segretaria del battagliero Circolo Legambiente di Reggio Calabria.

Cristina spiegaci come si può salvare l’Ambiente pur vivendo a Reggio Calabria?
Un saluto a tutti voi. Penso che l’ambiente lo si possa preservare soprattutto a partire da città come Reggio Calabria. Dove non esiste una vera cultura ambientalista nel senso comune del termine, ma dove l’ambiente suo malgrado è parte integrante della vita dei cittadini. L’assenza di grandi industrie ed un rapporto costante tra città e campagna potrebbero farci segnare un punto in più nella difesa dell’ambiente. Ma spesso lo sottovalutiamo. Chi vive nel bello spesso lo dimentica.

L’Italia verso che futuro corre?
A volte mi chiedo se l’Italia sia stia ponendo un’idea di futuro o si stia, invece, rifugiando in un presente di sopravvivenza. Le generalizzazioni sono pericolose, ma vedo intorno a noi scarsa lungimiranza. E speranza. Non esiste futuro senza sogni. Se la crisi, dopo il portafoglio, agguanta l’anima rischiamo di giocarci il domani.

IL WWF SOSTIENE CHE IL RISCHIO SI CONOSCE, OCCORRE APPLICARE LE REGOLE, INFORMARE E PREVENIRE
Il WWF fa bene il suo lavoro. Come Legambiente lo diciamo sempre: anche il livello di rischio per essere accertato deve essere studiato. Alcune regole, ci sono, ma non bastano. Quello per cui dobbiamo lavorare è un mondo nel quale l’ambiente non debba essere regolato per essere tutelato. Credo sia necessario aiutare ogni cittadino a ripristinare un rapporto naturale con l’ambiente che lo circonda. In attesa di comprendere di nuovo questo decimo segreto di Fatima… proviamo ad approntare regole coerenti e ben strutturate. La repressione, purtroppo, a volte non basta. Servirebbe una buona dose di comprensione dei fenomeni da parte di tutti i cittadini.

Si può usare il condono edilizio per risanare i debiti? Sì, No, Ni?
NO! Ci sono meccanismi, anche normativi, che conducono inevitabilmente verso l’autodistruzione sociale. Far cassa attraverso un condono edilizio vuol dire mettere a repentaglio la salute dei cittadini e sovvertire le regole che lo stesso legislatore pone. Al di là dell’incoerenza normativa, si tratta di non giocare con la salute collettiva. Dietro le violazioni della normativa urbanistica- che non è solo norma di programmazione, ma in alcuni casi strumento per garantire l’integrità collettiva- non ci stanno solo le esigenze egoistiche del singolo, ma strategie criminali cieche rispetto alle conseguenze del mattone selvaggio.

Tra territorio e Signori dell’energia c’è un atomo d’unione?
No. In alcuni casi c’è anche qualche tonnellata di carbone- e lo dico pensando al territorio di Saline Joniche e all’assurda vicenda della centrale che la Repower-SEI vorrebbe costruire. Anche se in questi casi c’è sempre un equivoco di fondo: non si dovrebbe mai confondere il “territorio” con qualche amministratore “distratto” dal profumo delle opere compensative. Il territorio è fatto di persone- che non sono solo elettori – che devono essere messi nelle condizioni di scegliere. E le scelte autentiche passano dalle informazioni e dalla consapevolezza dei fenomeni. Con il referendum contro il nucleare del giugno scorso gli italiani hanno ribadito il loro “NO” a una certa politica energetica. Al di là delle generalizzazioni è un risultato da tenere in considerazione. E poi ci sono decine di amministratori coraggiosi che dicono NO al compromesso e continuano a rappresentare con lucidità le ragioni dei cittadini. In tempo di crisi non dovremmo dimenticare la differenza.

La politica del fare più che del non fare è stata un po’ la Waterloo per i Verdi. C’è un recente passato ingombrante: quando si è trattato di governare con Prodi nel 2006 non sono state rose e fiori. Forse gli ambientalisti non sanno mettere in pratica i buoni propositi perché non li conoscono troppo bene neppure loro?
Gli ambientalisti nel 2012 hanno vita dura. L’affermazione di un modello economico di capitalismo sfrenato non aiuta le ragioni di chi crede che l’ambiente sia un’entità da proteggere nell’interesse di tutti ed a prescindere dalle valutazioni economiche. Alla prova dei fatti diventa molto più complicato difendere le scelte ambientaliste ed il rischio di cadere in contraddizione è altissimo. Recentemente Don Giacomo Panizza al Congresso Regionale di Legambiente Calabria rifletteva sulla necessità che sia l’economia a sottostare alle leggi dell’ambiente e non il contrario. Credo che questo principio se fosse condiviso potrebbe guidare le scelte politiche. Legambiente come associazione ispira e guida i movimenti di pensiero in questo senso. Detto questo… per dirla alla Serge Latouche gli “eco-fascisti” non convincono nessuno.

Spesso si urla nelle marce di protesta, che gestire ambiente è come partecipare a una caccia al tesoro…
Credo che dovremmo cominciare a chiederci perché rischiamo, a volte inconsapevolmente, di trasformare ogno battaglia in un business. Da parte mia ritengo che l’ambiente sia per sua natura un”bene comune” che come tale non possa essere “gestito” da nessuno. Chiunque si illuda che possa trarre un qualche vantaggio personale dalle battaglie ambientaliste è solo un fesso. Soprattutto se la caccia al tesoro la si fa divisi per squadre. E soprattutto se dietro gli slogan ci si sta dimenticando cosa cercare…

Sotto l’albero si fa economia o solo una grande recita?
L’economia di questi tempi è figlia della disperazione e dell’ottusità, che negli ultimi anni ha contribuito ad annullare la politica. Al di là degli indiscutibili curricula e della serietà dei nuovi governanti, stiamo rischiando di dimenticare che- spesso nostro malgrado- le strategie economiche andrebbero orientate con la democrazia. Forse perché non ne siamo più capaci, forse perché il populismo ci stritola. Quello che è chiaro è che dovrebbe essere arrivato da un bel po’ il tempo della consapevolezza che si deve scegliere come e dove stare e che per farlo certi macromeccanismi andrebbero invertiti. Per tempo.

Una delle noti dolenti è la raccolta dei rifiuti…
Come negarlo. Si tratta di un banco di prova per gli amministratori e di una condanna per i cittadini. Ciò che mi indigna è che, nella maggior parte dei casi drammatici, la cittadinanza è completamente all’oscuro dei poteri e delle strumentalizzazioni che stanno dietro questi meccanismi. Si vivono e subiscono disservizi che la politica emergenziale aiuta a percepire come inevitabili. Ma gli esempi da seguire ci sono. Penso alla zona del salernitano. Serve coraggio e una buona dose di volontà politica e di intelligenza amministrativa. E la forza di resistere ai poteri criminali che dei rifiuti hanno fatto un business. Il termine Ecomafia è stato coniato da Enrico Fontana nel 1994, ma la ‘ndrangheta continua a fare affari con i rifiuti. Teniamo alta l’attenzione.

Strategie, strumenti e soluzioni per affrontare e superare l’emergenza
Non esiste una risposta intelligente a questa domanda. Le emergenze sono contingenti e le soluzioni universali sono incompatibili con questa categoria. Nonostante tutto esistono le strategie preventive, che possono essere elaborate solo attraverso uno studio serio dei fenomeni, dei territori e della loro storia. Penso al rapporto tra dissesto idrogeologico ed edificazione incontrollata. La lungimiranza non è di tutti, ma in molti casi le regole esistono. Basterebbe non ignorarle.

Nelle tante inchieste delle Procure sullo smaltimento c’è sempre lo zampino della criminalità: ma possibile che la politica sia così fragile e senza spina dorsale?
Una domanda dolorosa. Inutile ignorare l’evidenza. In molti casi sappiamo politica e criminalità coincidono, soprattutto a seguito delle inchieste che riguardano lo smaltimento illecito dei rifiuti, anche se non è sempre chiaro chi abbia colonizzato cosa. Detto questo, non bisogna cedere all’inganno di deresponsabilizzare completamente gli amministratori. Cedere ai ricatti della criminalità spesso conviene anche ai politici non organici alle cosche, che traggono una qualche convenienza anche solo in termini di agevolazioni operative da questi contatti.

Altro tasto negativo: la cura e la salvaguardia del Verde cittadino…
Purtroppo Reggio Calabria è una città cresciuta disordinatamente e senza consapevolezza della rilevanza del verde pubblico. I miei ricordi di bambina si fermano alla Villa Comunale. Con la “primavera di Reggio” della giunta Falcomatà era stata impostata una nuova strategia urbanistica. Ma quello che si era fatto ancora non basta. Il circolo Legambiente di RC si batte da decenni su questi temi. Serve una chiara programmazione politica e un’adeguata valorizzazione del rapporto di vicinanza tra città e campagna circostante che ancora esiste in città e che viene sottovalutato.

Non possiamo non interrogarti sul Ponte sullo Stretto: è un tabù o se ne può discutere anche in chiave di rilancio di Calabria e Sicilia?
E’ una delle questioni di cui si deve discutere di più per evitare che ce lo costruiscano sotto gli occhi. Sul Ponte non posso essere diplomatica. E’ un’opera inutile, dispendiosa, rischiosa, oggetto di speculazione politica e mafiosa. Come vedete non intravedo alcun vantaggio nella costruzione del Ponte. La paventata migliore comunicazione tra le due sponde verrebbe vanificata dai rischi ambientali e sociali che questa “grande opera” porta con sé. Per parte mia direi, pensiamo a rafforzare in altro modo le comunicazioni tra Calabria e Sicilia, partendo da un sistema di trasporto civile che sia al passo con i tempi e le esigenze dei cittadini e di trasporti commerciali che consentano alle merci dirette in Sicilia di aggirare il nodo dello Stretto. Nella speranza che prima o poi prevalga il sistema del Km zero e certi inutili trasporti possano essere abbattuti al minimo.

Dai grandi temi economici alla scoperta dell’anima: se bussiamo alla tua porta che universo si nasconde?
Complesso e carico di sfumature ma non infinito. Credo che farmi conoscere da chi amo e stimo sia un passaggio fondamentale per comunicare davvero. E credo pienamente nella condivisione. Ma l’anima va oltre, non si svende. Si apre ma non si svela. E non può essere sintetizzata in poche righe.

Hai mai cambiato idea?
Posso cambiare le mie opinioni, mai gli ideali. Ma odio la presunzione che è sintomo di insicurezza e ottusità. E amo il confronto e il dialogo produttivo, quindi la scoperta degli altri punti di vista mi arricchisce e non mi frena.

Immaginiamo che la passione abbia una parte fondamentale nelle tue scelte: e se ti innamorassi perdutamente di uno che progetta Centrali nucleari?
L’amore passa dalla condivisione di un percorso. Non potrei mai viaggiare insieme a qualcuno che voglia andare in direzione opposta alla mia. E anche se la diversità compensa credo che un compagno nel senso in cui lo intendo possa solo regalarti un’altra prospettiva e non provare a influenzare la tua natura e i tuoi progetti, sognando un mondo diverso da quello che desideri.

E’ il carattere a renderci unici o la voglia di combattere (soprattutto) per le cause perse?
Ogni individuo è unico nella sua specificità, al di là della combattività o del carattere. La voglia di combattere ci consente di non ritenere persa nessuna battaglia. A patto che ci si creda veramente. Non sono una fan della produttività e della logica del risultato, ma credo nelle strade e nei percorsi. Già iniziare a programmarli è una vittoria. E mi viene in mente Eduardo Galeano e la sua meravigliosa definizione dell’utopia.

Per vivere sereni e a contatto con la natura bisogna per forza fuggire in Polinesia?
No. Altrimenti non sarei ancora a Reggio Calabria. Se la realtà che ci circonda non ci piace non possiamo cedere alla certezza che la soluzione sia la fuga verso mondi idealizzati. I mondi che vogliamo non ci vengono regalati ma dobbiamo costruirli. Al di là di tutto credo che in Polinesia, dopo la meraviglia iniziale, mi annoierei un po’….