Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: Il ricordo di Mons. Francesco Sgalambro

di ANDREA FILLORAMO

Fra qualche mese sarà l’anniversario della morte di Mons. Francesco Sgalambro, messinese, indimenticabile vescovo emerito di Cefalù, che ho avuto modo, anche dopo il mio trasferimento in altri lidi lontani dalla Sicilia, di sentirlo, consultarlo, seguirlo, ascoltarlo.

Ho rintracciato un mio articolo su Sgalambro, scritto per IMG Press a pochi giorni della sua morte e mi permetto di riprodurlo, con l’intento di richiamare l’attenzione, ancor prima di celebrare l’anniversario della morte, su un prete e vescovo che ha fatto dell’umiltà la virtù essenziale, indispensabile per il cristiano e, particolarmente per ogni prete.

La mia vuole essere anche, evitando così ogni inutile o assurda polemica che lascia il tempo che trova, una risposta indiretta ma testimoniale per chi, dopo un mio articolo sull’apparire continuo e assillante di un parroco sui social, ha manomesso persino le parole di Cristo e mi ha scritto in modo anonimo: “ qualunque cosa tu possa dire o scrivere, è compito del sacerdote apparire, farsi vedere, ammirare con o senza i paramenti e se è monsignore lo deve far sapere a tutti. Lo dice Gesù, quando afferma “Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? o piuttosto per metterla sul lucerniere? Non c’è nulla, infatti, di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce“. E’ del resto questa un’abitudine: “far dire a Cristo cose che non ha detto e non ha voluto dire”.

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E’ morto Mons. Francesco Sgalambro, un prete e un vescovo che ho stimato tantissimo per la sua umiltà, la sua semplicità e la sua immensa intelligenza e cultura che ha messo a servizio sempre degli altri e della Chiesa. La notizia mi è giunta inaspettata e improvvisa. Ero andato a trovarlo, dopo tanto tempo, l’anno scorso in quel dell’Annunziata e anche recentemente nel mese di giugno per omaggiarlo dell’ultimo mio libro, che probabilmente non è riuscito a leggere. Avuta la notizia della sua scomparsa, la mia mente si è mossa nelle vie del passato dove ho cercato di rincorrere e catturare, per fissarle, le immagini di un uomo che ho conosciuto e stimato fin da quando ancora ero bambino, quando, cioè, la domenica, nel seminario di Giostra, come incaricato di comunicare ai seminaristi di essere attesi dai genitori, egli, con la talare svolazzante, passava, correndo, da una camerata all’altra, gridando con la sua voce sempre rauca: “Filloramo, Arena, etc”. Lo ricordo ancora quando, come incaricato della “bottega”, vendeva per il seminario, quaderni, pennini, lacci per scarpe… Incarichi umili ma eseguiti con impegno e solerzia. In un istante ho cercato di sfrondare i pensieri di tutto ciò che non riguardava i nostri incontri, le chiacchierate, anche solo i gesti scambiati e non ho potuto fare a meno di ricordare il suo lungo ministero a Montevergine, che raggiungeva sempre a piedi, vestito con la sua tunica nera e con il cappello a falde rotonde che non abbandonava mai. È stato proprio in quel periodo che, dalla Brianza, lo raggiusi telefonicamente per segnalargli una mia ex allieva, divenuta dal 1985 monaca di clausura nel Monastero francese di Santa Colette di Assisi: Suor Cristiana Santambrogio, che andava alla ricerca di testi e documenti sul “modus vivendi” delle clarisse nel lontano passato. A lei immediatamente egli ha fatto pervenire tutti gli scritti concernenti Santa Eustochia. L’attenta analisi di questi testi, come di altri, condusse Suor Cristiana a delle scelte radicali, ben descritte in un suo libro: “Legame liquido-cambiamenti di stato in Chiara D’Assisi” ed.Cittadella 2010. Lo scritto è certamente attento alle fonti ma restaura per Chiara d’Assisi l’idea di una donna dotata di eccezionale volontà e intelligenza che nulla toglie alla sua profondità spirituale. Da allora è calato il silenzio fra me e Sgalambro, che si è protratto per ben 9 anni fino a quando, cioè, egli è stato vescovo di Cefalù. Ho ripreso i contatti, come accennato, l’anno scorso, quando dopo aver letto alcuni articoli su IMGPress concernenti la situazione della diocesi di Messina, egli volle incontrarsi con me. Non sono mancati, in tale occasione, gli elogi fatti ai miei scritti, che, come diceva lui, profondo conoscitore del passato e del presente della diocesi messinese, erano “sobri, educati, e veritieri”. Tale giudizio l’ha ripetuto, nel mese scorso, quando gli ho letto anche la minuta di un libro, pronto per la pubblicazione. Per concludere: non intendo assolutamente candidare Mons. Sgalambro alla canonizzazione, come fa qualcuno, dato che santi canonizzati ce ne sono tanti ma ricordare, fin quando abbiamo vita, un messinese di grande spessore umano e cristiano, credo che sia un nostro dovere.