Vanna Vinci dipinge Luisa Casati: un’anima in fiamme tra arte, tenebra e bellezza immortale

In libreria dal 23 maggio uscirà il cartonato “La Casati. La musa egoista”, edito dalla Sergio Bonelli Editore, curato integralmente da Vanna Vinci.

Ci sono molteplici motivi per acquistare il volume: il soggetto, la curatrice e la “suggestione”, l’eco lasciato dalla lettura.

La marchesa Luisa Casati era un personaggio eccentrico, che la stessa Vanna Vinci ricorda essere nota principalmente per la condotta bizzarra e dispendiosa. Quindi la solita riccona snob, in cerca di forti emozioni? In realtà era una donna che ha catalizzato e riflesso, come un caleidoscopio, la bellezza e l’esagerazione della belle époque, inseguendo gli eccessi come una falena la luce artificiale, alla ricerca di quello stile di vita “inimitabile” che condivideva con il vate D’Annunzio. Donna inquieta, tormentata, agitata da passioni plurime e febbrili, concepiva l’esistenza come un vortice di esperienze esaltanti; la mediocrità l’atterriva e la disgustava; non poteva esistere se non nello sguardo ammirato e scioccato degli astanti; captava i protagonisti dei fenomeni culturali con l’istinto infallibile di una rabdomante e li ammaliava. I suoi interessi per l’occultismo, d’altra parte, la rendevano un po’ strega un po’ sacerdotessa dell’arte e dell’esoterismo. L’illustratrice e sceneggiatrice Vanna Vinci, non nuova rispetto alle biografie illustrate di grandi figure femminili, ne restituisce tutta l’alterigia e la debordante “egoità”, la sua personalità umbratile e febbrile, attraverso l’uso sapiente dei colori, il rosso dei capelli, il nero del bistro sugli occhi, il carminio delle labbra sogghignanti e beffarde; la spigolosità del corpo, già moderno perché dinoccolato e longilineo, la profondità dello sguardo malinconico e crudele, la sfarzosità abbagliantemente lugubre delle sue mise. Nulla è lasciato al caso; Vanna Vinci ha studiato appassionatamente la vita e la personalità della Casati, per raccontarcela, “incrociandola” più volte prima di accostarsi al progetto diventato poi libro; ne ha conosciuto profondamente l’animo insofferente e restituito l’essenza più profonda, che è poi quella di un’epoca intensa, voluttuosa, scintillante e cupa nel contempo, espressione d’intenso vitalismo e profondo nichilismo: la belle époque.

Romano Pesavento