Lo studio: 6 italiani su 10 convivono col disagio psicologico, l’allarme Gen Z, le risposte del Non Profit

Il 60,1% degli italiani convive da anni con uno o più disturbi della sfera psicologica. Ne soffrono di più le donne (65%) e i giovani della Generazione Z (75%, con punte addirittura dell’81% nel caso delle donne). È la drammatica fotografia del nostro Paese scattata dall’ INC Non Profit Lab, il laboratorio dedicato al Terzo Settore di INC – PR Agency Content First, attraverso la ricerca “L’era del Disagio”1, realizzata, in collaborazione con AstraRicerche, tra gli italiani e le Organizzazioni Non Profit con il patrocinio di RAI Per la Sostenibilità-ESG e presentata questa mattina presso la sede RAI di Viale Mazzini. 

Con questo studio – spiega il Vicepresidente di INC, Paolo Mattei – vogliamo aprire un confronto per cercare di comprendere meglio il fenomeno e fornire indicazioni concrete alle istituzioni che nel nostro Paese possono e devono occuparsene. Il titolo contiene già una importante indicazione – Il disagio che riscontriamo oggi negli italiani e nei giovani in particolare non è, come hanno scritto in molti, un portato, negativo, del Covid. La pandemia ha creato la “tempesta perfetta” per far esplodere un male oscuro che covava, da decenni, nella nostra società. E sarebbe sbagliato cercare di risolvere la complessità del fenomeno, scaricandone la responsabilità su un fattore imprevedibile ed eccezionale come la pandemia. I mali della nostra società sono molti, ben descritti nella ricerca che abbiamo realizzato. E rimandano a cause di tipo culturale e sociale che solo una volta analizzate e comprese, potranno essere efficacemente affrontate a livello collettivo”.

Presenti all’incontro odierno: Maria Teresa Bellucci, Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; il Direttore di RAI Per la Sostenibilità-ESG, Roberto Natale; il Presidente di INC, Pasquale De Palma; il Vicepresidente di INC Paolo Mattei. I dati dello studio sono stati poi oggetto di un dibattito al quale hanno preso parte Maurizio Imbriale, Direttore Contenuti Digitali e Transmediali RAI; Stefano Gheno, Psicologo, presidente di Cdo Opere Sociali, membro effettivo del Consiglio Nazionale e del Forum del Terzo Settore; Cristina Migliorero,  Coordinatrice nazionale Progetto Prevenzione Scuola di Progetto Itaca; Chiara Nardinocchi, giornalista; Pierluigi Policastro, Psicologo e Psicoterapeuta, Responsabile nazionale psicologi del CISOM – Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, Presidente Società Italiana Psicologi Area Professionale; Paola Severini Melograni, Giornalista e conduttrice RAI; Sofia Viscardi, Founder di VENTI e content creator, conduttrice del programma RAI “Dicono di noi”.

Dal nostro Rapporto emerge anche che c’è bisogno di una comunicazione più all’altezza della rilevanza e complessità del tema e della dimensione che questo sta assumendo. – sottolinea il Presidente di INC, Pasquale De Palma – Tutti noi comunicatori – media, influencer, ONP, società di consulenza come la nostra, ciascuno nel perimetro del proprio ruolo – siamo chiamati a contribuire a una narrazione del disagio più attenta e più efficace, perché a volte, se non spesso, il modo in cui il disagio viene comunicato non aiuta. Ma alla base di una buona comunicazione c’è sempre una profonda conoscenza del tema da comunicare. E le evidenze che raccontiamo in questo Rapporto sono il nostro piccolo, ma speriamo utile, contributo a cogliere le dimensioni e i contorni di un fenomeno così complesso.

“Attrarre il pubblico giovane, in particolare con l’online e i social; ampliare l’offerta informativa sui disturbi alimentari, contrastare bullismo e cyberbullismo. In materia di giovani il Contratto di Servizio in dirittura d’arrivo assegna alla Rai numerosi compiti – ha ricordato Roberto Natale, Direttore di Rai Per la Sostenibilità-ESG – ma sono richieste che non trovano impreparato il servizio pubblico, capace in questi ultimi anni di notevoli passi avanti nell’intercettare gusti, tendenze, curiosità dell’universo giovanile. Facile citare il clamoroso successo di ‘Mare fuori’, ma la cosa più importante è che quel titolo non è un fiore nel deserto. Basta andare su RaiPlay e RaiPlay Sound per mettere in fila i segni dell’attenzione che, dai tempi del Covid, il servizio pubblico ha saputo riservare alle inquietudini e alle paure di una generazione: che siano inchieste di taglio giornalistico o docureality, che siano talk oppure fiction, hanno in comune la dote preziosa di dare la parola a ragazzi e ragazze, di considerarli soggetti titolati a parlare. Storie che nella loro necessaria durezza vanno verso quella ‘corretta narrazione’ che il Terzo settore chiede al mondo dei media. La presentazione della ricerca dell’INC Non Profit Lab è l’occasione giusta per capire insieme come continuare il cammino”.

INSONNIA, ANSIA, DEPRESSIONE E LA PERICOLOSA TENDENZA AL “FAI DA TE”

I sei problemi più ricorrenti di cui dicono di aver sofferto i nostri connazionali – racconta la ricerca – sono: i disturbi del sonno (32%), varie forme d’ansia (31,9%), stati di apatia (15%), attacchi di panico (12,3%), depressione (11,5%) e disturbi dell’alimentazione (8,2%).

A questi disturbi gli italiani reagiscono con un preoccupante “fai da te”. Le prime quattro risposte alla domanda “cosa hai fatto per uscirne?” escludono il supporto di medici e specialisti: c’è chi ha cercato le risorse per farcela dentro sé stesso (29,4%), chi ha ricevuto aiuto da amici e parenti (29,1%), chi semplicemente ha atteso che i problemi passassero (28,2%) e chi ha assunto prodotti e farmaci senza prescrizione (27,6%). Solo al quinto e al sesto posto compaiono le voci “mi sono rivolto al medico generico” (22.9%) e “ho ricevuto l’aiuto di uno specialista” (22,1%).

Le cause percepite da parte di chi soffre di questa condizione, vedono al primo posto la preoccupazione per un mondo che sta cambiando in peggio (guerra, povertà, inflazione, crisi climatica, emergenza sanitarie etc.) per il 35,1% del campione. A seguire due diverse forme di difficoltà a relazionarsi con il mondo, molto sentite soprattutto dai giovani della Generazione Z: chiusura in sé stessi (34,1%) e difficoltà a relazionarsi con gli altri (25,1%).

E ancora spaesamento per la mancanza di valori sociali condivisi (23,4%), insoddisfazione per i propri percorsi professionali (22,4%, con valori più alti da parte dei Millennials) e reazione a pressioni sociali troppo forti su obiettivi scolastici o sportivi (22,3%).

Ma se guardiamo – più in generale – a ciò che minaccia il benessere psicologico collettivo degli italiani, le ragioni citate nelle prime sei posizioni sono: un forte stress da lavoro (quando c’è, è troppo pervasivo) o da disoccupazione, se non si riesce a trovarlo (46,5%); il bullismo e la violenza, fisica e verbale (42,1%) e la dipendenza dalla tecnologie e dai social media (35,6%); il timore di abusi sessuali e violenza di genere (31,1%); la mancanza di accesso ai servizi sanitari di tipo psicologico e psichiatrico (30,6%); infine alcune gravi forme di discriminazione come razzismo, omofobia e sessismo (28%).

GENERAZIONE Z, IL 10,8% DEI TEENAGER ASSUME PSICOFARMACI SENZA RICETTA MEDICA

La letteratura scientifica ci dice che il 62,5% delle patologie mentali insorge prima dei 25 anni. Per questa ragione parlare di disagio e di disagio giovanile – come conferma questa seconda ricerca dell’INC Non Profit Lab – è praticamente la stessa cosa. In un suo recente Rapporto l’Istat ha certificato che nel 2021 il 6,2% (l’anno prima erano il 3,2%) dei ragazzi tra 14 e 19 anni, oltre 220 mila giovani, erano insoddisfatti della propria vita e vivevano una condizione di cattiva salute mentale. Non bisogna quindi stupirsi del fatto del nostro Paese il 10,8% dei ragazzi di età compresa tra 15 e 24 anni assumono psicofarmaci senza una prescrizione medica, come viene confermato anche nella ricerca di INC Non Profit Lab: lo fanno per dormire, per dimagrire, per essere più performanti negli studi (una sfida che preoccupa e inquieta molti giovani). Se stringiamo l’attenzione sugli studenti, la percentuale di quanti cercano un “aiutino” negli psicofarmaci lievita fino a oltre il 18% del totale.

Parliamo di una generazione che rifiuta lo stigma sociale e su Tik Tok pubblica voti e classifiche sulla “efficacia” dei medicinali, parlando senza remore del proprio disagio psicologico davanti a milioni di estranei. Ma forse qualcosa è ancora possibile fare per affrontare una situazione così difficile dal punto di vista personale e sociale. Il 47,2% degli italiani pensa che si possa restituire dignità al lavoro mettendolo meglio in equilibrio con le istanze della vita personale, mentre il 47% chiede che venga favorito l’accesso (anche con bonus economici) ai servizi di assistenza psicologica, di cui così tanti hanno bisogno.

E poi ci sono altre cose che, secondo gli italiani, si possono mettere in campo per migliorare la conoscenza e la sensibilità su questi temi: promuovere la ricerca scientifica sulla salute mentale (36,7%), aumentare la sensibilizzazione per combattere lo stigma sociale sul tema (36,4%), migliorare l’accesso all’istruzione dei giovani, per dare loro più fiducia in sé stessi (30,2%).

LA DIAGNOSI DELLE ONP: SERVONO FONDI E ATTENZIONE DALLE ISTITUZIONI

La sezione della ricerca realizzata dialogando con 40 Organizzazioni Non Profit offre conferma del fatto che il problema, osservato dal punto di vista di chi lo combatte sul campo, è e resta molto serio.

Per il 79% delle ONP il disagio psicologico degli italiani negli ultimi anni è molto aumentato e nel 70% dei casi i loro servizi offerti per fronteggiare questa emergenza sono (molto o abbastanza) aumentati. La nota dolente arriva quando parliamo di fondi pubblici: solo il 43% degli enti li ha avuti e appena il 3% li ha ritenuti adeguati alle proprie esigenze.

Anche sul fronte degli ambiti d’intervento si riscontra, nelle risposte, un senso di limitazione e impotenza: il 43% ha offerto sportelli di assistenza psicologica (gratis o a prezzo ridotto). Si è fatta anche sensibilizzazione sulle persone in generale (28%) e informazione mirata su chi soffre di problemi psicologici (25%). Si sono attivati numeri vedi e siti internet di assistenza (20%) e creati team di sostegno nelle scuole (15%). Insomma, si è fatto quello che si poteva. Ma evidentemente non è ancora abbastanza, per un tema che non può essere risolto al di fuori delle dinamiche di prevenzione, assistenza e cura offerte dallo Stato.

E quando si chiede alle associazioni, che conoscono il problema da vicino, di cosa avrebbero bisogno per arginare il disagio psicologico crescente, la risposta è davvero chiara. Servono politiche adeguate di supporto sociale (80%), fondi adeguati (63%), maggiore attenzione istituzionale sul tema (60%) e l’aiuto dei media, per continuare a tenere alta la guardia sull’argomento (45%).