Giocare per diritto: sportello alla genitorialità

Due anni di lavoro del progetto Uisp Sicilia per garantire il diritto alla genitorialità dei detenuti. Un resoconto dello sportello psicologico…

Il progetto Uisp Sicilia “Giocare per diritto” da due anni lavora per garantire il diritto alla genitorialità dei detenuti. A partire da giugno 2021 fino alla fine di novembre 2023, il progetto si è occupato di realizzare delle aree da gioco all’interno delle carceri, per permettere ai detenuti di rafforzare il legame con i loro figli e di godere di momenti di spensieratezza anche nel periodo di reclusione. L’impresa sociale “Con i bambini” ha finanziato il progetto nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa e minorile, attraverso il bando pubblico “Un passo avanti”. I territori coinvolti sono stati: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Ragusa, Messina, Palermo e Trapani.

Nei giorni scorsi si è svolta l’ultima inaugurazione di un’area gioco nel carcere Gazzi di Messina, e nei giorni successivi si sono tenuti ancora alcubni momenti seminariali e formativi. Nel corso di questi due anni, inoltre, “Giocare per diritto” ha previsto anche uno sportello psicologico dedicato alla genitorialità. Da questa esperienza sono state raccolte le esperienze e le voci dei partecipanti, che raccontano i benefici del percorso, le difficoltà incontrate e l’importanza di un nuovo approccio al mestiere più difficile del mondo.

“Ero una persona nervosa, distratta ed agitata. Grazie allo sportello alla genitorialità e alla dedizione della psicologa Cinzia Gambino, ho notato pian piano dei cambiamenti e dei miglioramenti su me stesso, sui figli, la famiglia e le emozioni che ho potuto provare – racconta A.G., detenuto al carcere Pagliarelli di Palermo – Mi ha aiutato molto a capire cosa significa famiglia, figli. Le bambine, le ho riviste dopo 5 anni. Non venivano mai ai colloqui, veniva soltanto mia moglie. Non volevo la loro presenza qui. Grazie anche al supporto logistico sui permessi, sono potuto tornare a casa e quando ho rivisto per la prima volta le mie figlie dopo anni, le ho abbracciate “come Dio comanda”. È stato bellissimo”.

”All’inizio era solo curiosità poi ho trovato un vero aiuto emotivo. Ad ogni colloquio, mi aprivo sempre di più e si è instaurato un rapporto confidenziale con gli operatori – continua D.Q. – Stavo attraversando un brutto periodo: i bambini erano in comunità. Un periodo buio della mia vita perché, costretto a stare qui dentro, non potevo fare nulla per aiutarli e non avevo notizie. Non dimenticherò mai il momento in cui i bambini sono usciti dalla comunità. Qui tutti mi dicevano: “Non ti preoccupare, stai tranquillo”. Quel giorno poi è arrivato ed ero felicissimo. E’ uno dei ricordi più belli che ho da quando sto qui dentro. Non pensavo di poter superare quel momento così triste. Mi hanno sostenuto psicologicamente, mi hanno aiutato. Con Giocare per diritto e con lo sportello della genitorialità, è stato fatto tanto per me”.

“Nel corso degli ultimi due anni, lo sportello ha fornito ai genitori detenuti la preziosa opportunità̀ di condividere le proprie ansie, angosce, speranze, ma anche i loro bisogni e desideri – aggiunge lo psicologo Daniele Armetta, responsabile dell’azione Sostegno alla genitorialità di Giocare per diritto – Quest’azione ha contribuito a stimolare una riflessione profonda sulle proprie azioni e a fornire un motivo concreto per adottare comportamenti più costruttivi. Con convinzione, sottolineo come il sostegno alla genitorialità dei detenuti non solo concorra al benessere delle famiglie coinvolte, ma costituisca anche un pilastro fondamentale per la riabilitazione e la riforma più ampia del sistema penitenziario”.

“Le persone in stato di detenzione fanno parte di un modo dove i rapporti, i legami, gli affetti, le emozioni, lo spazio ed il tempo hanno un significato diverso dal mondo esterno – spiega la psicologa Cinzia Gambino di MetaIntelligenze Onlus, che ha lavorato con i detenuti del Pagliarelli – La mia esperienza mi ha fatto comprendere come il carcere sia un “mondo” a sé stante, fatto di regole ed espressioni differenti da quello della vita che siamo abituati a vivere e/o immaginare. A tutto questo spesso si affiancano problemi di natura medica, disoccupazione e presenza di relazioni coniugali conflittuali. Inoltre, il carcere per il detenuto comporta dei limiti fisici ed emotivi e spesso questo per un “padre detenuto” si traduce in perdita di ruolo genitoriale. Lo sportello ha cercato di dare a queste persone la possibilità di “ricucire” un rapporto significativo con l’esterno su più livelli: affettivo-emotivo-relazionale. Tale sostegno psicologico dato al genitore in carcere porta indubbiamente per “effetto cascata” benefici al figlio. Ricordando che in Italia i minori con un genitore in carcere sono più di 100 mila, credo fermamente che questi bambini abbiano il diritto di mantenere un legame affettivo con i propri genitori. La famiglia con le sue relazioni ed i suoi affetti costituisce una funzione di protezione, di crescita e di apprendimento per ogni individuo ed essere consapevole di ciò è un passo importante per affrontare temi quali la separazione e la gestione emotiva. Con i percorsi psicologi individuali e con la costruzione dell’area gioco ci si è adoperati per ridurre l’assenza affettiva paterna e per superare emotivamente i confini fisici delle “fredde” sale dei colloqui”.

 

Fonte: Giocare per diritto