Vulcanologia. Una scienza…. Ma io che devo fare?

Dopo i fatti di Indonesia (tsunami in seguito ad eruzione vulcanica), quelli in corso intorno all’Etna, e il pensiero al Vesuvio, senza sottovalutare lo Stromboli, ci si domanda: ma io che devo fare?

Domanda legittima che si pone il cittadino comune che abita nelle zone colpite (stiamo, al momento, parlando di quelli italiani) di fronte alle enfasi di questo o quell’altro media. Enfasi di preoccupazione o rassicurazione, poco importa, in quanto – allarmista o meno che lo si voglia considerare – non creano certezze, ma alimentano dubbi, incertezze, insicurezze e – la cosa peggiore – sfiducia nelle autorità; non quelle dei pronto soccorsi, ma quelle che dovrebbero dirci/consigliarci preventivamente come e cosa fare.

La domanda “ma io che devo fare” è spontanea dopo aver letto opinioni di esperti diametralmente opposte che, al di là dello specifico, non fanno altro che alimentare paura e sfiducia e la presa in considerazione del “si salvi ci può”.

“Non ci sono relazioni tra Etna e Stromboli” (che sta minacciosamente “sputacchiando” anche lui in questi giorni, nonostante le rassicurazioni del Sindaco di zona – per non perdere i turisti?), ci dice il direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania.  “Non si può escludere che il risveglio di Stromboli abbia a che vedere con l’eruzione dell’Etna…”, dicono all’Igag-Cnr, l’Istituto di geologia ambientale e di geoingegneria, che nel contempo escludono relazioni con l’attivita’ eruttiva dell’Anak Krakatoa, in Indonesia, che ha causato lo tsunami.

E’ chiaro, no? Al di là del fatto specifico, che è sulle relazioni delle eruzioni dei singoli vulcani, ci vengono dubbi proprio perché, da comuni cittadini, sappiamo che in materia (vulcani, terremoti, etc) non ci sono certezze: per esempio le vicende giudiziarie, anche assolutorie da parte della Cassazione, sui fatti del terremoto de L’Aquila del 2009, non hanno certamente portato serenità e certezze.

Quindi è tutto un “magma” in cui, l’impressione di osservatori quali siamo, non ci porta a serenità. Non solo. Ma se portiamo il pensiero ai Campi Flegrei napoletani, e alla situazione da brivido che continua ad esserci in quelle terre, coinvolgendo anche la città di Napoli, la serenità diventa ancor più precaria.

Cosa chiediamo? Di sapere con sicurezza le cose come stanno, anche – e soprattutto – se ci dovesse essere detto che non sono in grado di dirci nulla. Ma affidare la sicurezza e le certezze solo alla casuale informazione del singolo, è un grave danno: di sicurezza e di fiducia. E quest’ultima è proprio ciò che serve in momenti come questi.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc