Il suicidio di un uomo di 38 anni avvenuto nelle ultime ore nel carcere di Asti si aggiunge a una intollerabile sequenza che nel 2025 ha già portato a 76 morti per suicidio tra le persone detenute. Non è un’eccezione né un evento imprevedibile: è l’esito di un sistema che continua a funzionare in condizioni di grave criticità.
Per noi l’attenzione alla situazione delle strutture di detenzione è fondamentale: in quest’anno abbiamo svolto oltre venti sopralluoghi, e ancora ieri Giulia Marro ha visitato il carcere di Cuneo. A Cuneo abbiamo riscontrato carenze strutturali, mancanza di personale educativo e sanitario, assenza di percorsi di supporto adeguati e un forte isolamento dell’istituto rispetto all’esterno. Le stesse condizioni che, su scala nazionale e regionale, alimentano situazioni di sofferenza estrema. Asti e Cuneo non sono casi scollegati. Il carcere italiano opera stabilmente oltre i propri limiti, e oltre i limiti costituzionali: sovraffollamento, fragilità psichica non presa in carico, risposte affidate all’emergenza. In questo quadro, la ripetizione dei suicidi non può essere trattata come una fatalità.
Da parte nostra, nel Piano sociosanitario regionale recentemente approvato siamo riuscite a far accogliere un emendamento e una mozione che rafforzano in modo significativo le linee di intervento sui servizi sanitari nelle strutture penitenziarie.
Vigileremo perché ciò non resti solo sulla carta. Di fronte alla situazione intollerabile delle carceri non servono dichiarazioni di principio. Servono continuità, risorse e attuazione concreta: prevenzione del rischio suicidario, salute mentale, personale, riduzione della pressione detentiva. È altrettanto evidente l’inutilità di un sistema che si limita a rinchiudere le persone senza costruire percorsi reali: se chi entra in carcere esce per tornare a delinquere, significa che la pena non sta svolgendo alcuna funzione né rieducativa per le persone detenute, né di sicurezza per la collettività.
