
Specie da tutelare, tecniche di produzione che evolvono, nuove prospettive e sinergie vincenti: la biodiversità protagonista al Porto Antico di Genova, fino a domani 11 maggio…
Dalle anguille delle Valli di Comacchio, il cui ciclo vitale è messo in pericolo dalla pesca illegale e dai cambiamenti climatici, alla tinca dorata di Ceresole d’Alba, oggi al centro di una sperimentazione che unisce allevamento e coltivazione del riso per rigenerare le risaie e creare nuovi ecosistemi agricoli sostenibili, fino alla bottarga di muggine, prodotto simbolo dello Stagno di Cabras e alla pesca tradizionale nello Stretto di Messina, hotspot di biodiversità unico al mondo: sono storie di resistenza e rinascita quelle narrate dai Presìdi Slow Food a Slow Fish 2025, la manifestazione di Slow Food Italia dedicata agli ecosistemi acquatici e costieri che fino a domani, 11 maggio, celebra i venti anni di storia al Porto Antico di Genova. «Le risorse naturali – dichiara Raffaella Ponzio, responsabile Presìdi di Slow Food Italia -, in questo caso le risorse marine e in generale legate alla pesca, hanno un valore ambientale, sociale, culturale reale che va al di là del semplice dato economico. È indispensabile sviluppare politiche conseguenti, di attenzione e sostegno per chi se ne prende cura, per chi le monitora e le studia. Slow Food ha sviluppato i Presìdi della pesca per accendere un riflettore su un mondo fragilissimo, che vive sfide cruciali, ma il cui futuro riguarda tutti noi».
A Cabras, il nuovo Presidio della bottarga di muggine
L’ultimo Presidio Slow Food in ordine di tempo a venire inaugurato arriva dalla Sardegna, e in particolare dallo Stagno di Cabras, ecosistema palustre storicamente famoso per la pesca è il Presidio Slow Food della bottarga di muggine e pesca tradizionale dello Stagno di Cabras. Tutela, oltre al tradizionale prodotto ottenuto dalla lavorazione dell’ovario dei pesci, anche altre due particolari preparazioni, la merca e su pisci affumau. Il Presidio Slow Food nasce dall’esigenza del territorio di differenziare il proprio prodotto dagli altri, in particolare dalla bottarga che spesso viene chiamata di Cabras anche se di Cabras non è, perché ottenuta con materie prime provenienti dall’estero: «Il 95% di quella che si trova in commercio con il nome di bottarga di Cabras viene sì lavorata qui, ma i muggini arrivano da fuori» spiega Giuliano Cossu, presidente del Nuovo Consorzio Cooperative Pontis, che riunisce i produttori che aderiscono al Presidio.
I pescatori sono circa 130 e utilizzano le stesse tecniche di cattura del passato: bloccano i muggini nei lavorieri, durante il loro spostamento dallo Stagno al mare aperto, e li pescano con le mani, aiutandosi in parte con una particolare rete a maglie larghe che consente di lasciar liberi gli esemplari più piccoli. «Serve delicatezza per non danneggiare la sacca ovarica e competenza per riuscire a catturarli, altrimenti sfuggirebbero» aggiunge Cossu. Allo stesso modo, occorre esperienza e competenza per lavorare la materia prima: salatura ed essiccatura, tecniche tramandate da generazioni per conservare più a lungo un prodotto altrimenti facilmente deperibile.
Un Presidio tra due mari, che unisce Sicilia e Calabria
Lo Stretto di Messina è uno degli hot-spot di biodiversità più importanti del Mediterraneo, area di transito e migrazione di moltissime specie, grazie alla sua particolare posizione di incontro fra Ionio e Tirreno. Tuttora, in queste acque, 11 società di pescatori si dedicano alla pesca costiera, con tecniche tradizionali e reti selettive (lenze, nasse, tremagli, palangari). Tra le specie pescate ci sono seppie, gamberi di nassa, cicirelli, pesci pettine, pesci sciabola, e poi il pesce spada, catturato con un metodo antichissimo, che prevede l’uso dell’arpione e delle feluche, piccole imbarcazioni munite di una passerella lunghissima (35-40 metri) e di un albero molto alto (un’antenna di 22 metri). A tenere le fila del Presidio della pesca tradizionale dello Stretto di Messina è Antonella Donato, giovane pescatora e presidente dell’Associazione Pescatori Feluca dello Stretto, che a Slow Fish ha raccontato come ha raccolto la conoscenza profonda del mare dal nonno, insieme alla sorella Giusy, e come l’ha reinventata in una chiave moderna, associando pesca e ittiturismo.
Salvare l’anguilla europea
La popolazione di anguilla europea (Anguilla anguilla) è in forte declino: negli ultimi trent’anni è diminuita fino al 90%, a causa di una serie di fattori, tra cui la pesca illegale, i cambiamenti climatici, le alterazioni delle correnti oceaniche, la perdita di habitat e la pressione crescente di specie invasive come il granchio blu e il pesce siluro.
Nonostante la gravità della situazione, emergono segnali positivi. In Emilia-Romagna, dopo oltre dodici anni di monitoraggi, si registra un aumento di giovani anguille (cieche) nei corsi d’acqua, un dato che suggerisce l’efficacia delle misure europee di tutela e delle attività di ricerca e sensibilizzazione condotte in ambito locale e internazionale. L’Università di Bologna, a esempio, ha sviluppato un’app per il monitoraggio delle anguille, che viene utilizzata in tutta Europa per raccogliere dati sullo stato delle popolazioni.
«Tutte le volte che parlo ai miei studenti del ciclo vitale dell’anguilla rimangono incantati – ha spiegato Oliviero Mordenti, docente di Acquacoltura presso l’Università di Bologna nell’intervento alla conferenza Le Valli di Comacchio e la cultura dell’anguilla, presso l’ Arena Slow Fish Masaf a Genova –. E non meno incantati siamo noi studiosi. Le anguille dell’Adriatico affrontano la migrazione più lunga: 9.000 chilometri senza nutrirsi, fino al Mar dei Sargassi, dove si riproducono a oltre 1.000 metri di profondità. È un viaggio unico al mondo. Qualsiasi alterazione delle condizioni ambientali può comprometterlo in modo irreversibile». Leggi l’intervista completa.
Il Presidio Slow Food dell’anguilla marinata delle Valli di Comacchio rappresenta un perfetto esempio di come scienza, tradizione e sostenibilità possano lavorare insieme per la conservazione della specie. Creato per proteggere una pratica artigianale antica, oggi il Presidio tutela sia la pesca sostenibile dei lavorieri sia la lavorazione artigianale dell’anguilla, unendo l’approccio scientifico con il rispetto delle tradizioni locali. Un modello integrato che rappresenta il risultato del lavoro congiunto tra pescatori, ricercatori e istituzioni. Un’alleanza fondamentale per il futuro della pesca.
Il ritorno della tinca dorata nelle risaie
Tra i protagonisti di questa edizione c’è la tinca dorata di Ceresole d’Alba, uno dei primi Presìdi Slow Food avviati in Piemonte e in Italia, che torna oggi al centro di un progetto innovativo in collaborazione con il Presidio del riso Gigante di Vercelli. L’idea è semplice ma rivoluzionaria, e si ispira all’antica pratica orientale dell’allevamento delle carpe nelle risaie: portare i riproduttori di tinca nelle risaie, ricreando un modello agroecologico virtuoso, che permette agli avannotti di crescere in un ambiente ricco di risorse naturali, come fitoplancton e larve di zanzara, contribuendo al tempo stesso al controllo biologico delle infestazioni e al miglioramento della qualità dell’acqua.
«La tinca è un pesce slow perché cresce lentamente e rispetta i ritmi della natura» ha spiegato Giacomo Mosso, l’allevatore che ha rilanciato il Presidio partendo dalle peschiere storiche del Pianalto di Poirino, in provincia di Torino. «Ma è anche un’opportunità per il territorio: può valorizzare le risaie, offrire un’alternativa sostenibile ai metodi intensivi e far rivivere una tradizione quasi scomparsa». Il progetto, già avviato in forma sperimentale nel 2007, trova oggi nuova linfa grazie all’alleanza tra produttori e alla crescente attenzione verso modelli agricoli resilienti e rispettosi degli ecosistemi. Leggi l’intervista completa.
I Presìdi Slow Food presenti a Genova
Sono 18 in tutto i Presìdi Slow Food italiani che tutelano le specie ittiche, le tecniche di pesca tradizionali e le pratiche artigianali di lavorazione. Alcuni di questi – come la bottarga di muggine di dello Stagno di Cabras, la cozza nera di Taranto, la piccola pesca di Porto Cesareo e la piccola pesca di Torre Guaceto – sono presenti in questa dodicesima edizione di Slow Fish per raccontare le sfide quotidiane di chi lavora in equilibrio con il mare, i fiumi e le lagune, portando avanti un modello economico e culturale che mette al centro qualità, cultura, saperi locali e rispetto per gli ecosistemi.
Alcuni danno segni di difficoltà a causa del riscaldamento delle acque, che in alcune zone dell’Adriatico sta causando gravi problemi alla mitilicoltura. Quest’anno non sarà disponibile il mosciolo selvatico di Portonovo: i mitili selvatici caratteristici di Portonovo (Ancona) non sono cresciuti sulle rocce a causa delle temperature a anche dell’eccesso di raccolta dovuto a raccoglitori non professionisti. Se ne parlerà domani alle ore 15 all’Arena Slow Fish.
Gli altri Presìdi sparsi in tutta la nostra penisola sono: Pesca tradizionale delle secche di Ugento, Pesca artigianale del golfo di Noli, Alaccia salata di Lampedusa, Alici di menaica, Masculina da magghia, Pesca artigianale dell’Isola del Giglio, Pesca tradizionale del Golfo di Selinunte, Pesca tradizionale del Lago Trasimeno, Pesca tradizionale dello stretto di Messina, Sardina essiccata tradizionale del lago di Iseo e Tellina del litorale romano.
Non solo, oltre ai Presìdi legati all’acqua, a Slow Fish sono presenti prodotti del territorio, come i croxetti di Varese Ligure e l’olio da olivi secolari, ed esempi di biodiversità del mondo vitivinicolo, come il Moscato di Saracena in Calabria. Scoprili tutti.