SCUOLA: stipendi, laurearsi e specializzarsi per fare l’insegnante non paga

Dal rapporto UE “Education and Training MONITOR 2019” risulta che a parità di laurea, anche dopo il conseguimento di master, corsi di perfezionamento e persino dottorati di ricerca, un docente in Italia percepisce in busta paga l’80% in meno dei lavoratori in possesso di un grado di istruzione terziaria analogo: significa che un laureato specializzato può contare in media su compensi superiori ai 100 mila euro, mentre i nostri docenti si fermano a 28 mila 

 

Senza nemmeno contare sulla possibilità di incrementarli, se non con pochi “spiccioli”, considerando che negli ultimi anni si sono dimezzati i compensi legati alle prestazioni extra associate al Miglioramento dell’offerta formativa e ridotti al lumicino quelli del bonus merito. Senza contare che quella dei salari-mini è una condizione che, sempre secondo lo studio UE, influisce in modo direttamente proporzionale sull’apprendimento degli alunni.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è sempre più evidente che l’assegnazione degli stipendi esigui, in perenne perdita del potere d’acquisto, alla lunga ha una sua influenza negativa sulla qualità dell’insegnamento. Adesso che dagli studi ufficiali risulta palese non solo il ritardo rispetto all’inflazione, ma anche il gap di trattamento economico rispetto ad altre professioni e pure sulla carriera, con i docenti dei Paesi dell’Est trattati meglio, è diventato ancora più urgente destinare a chi insegna un finanziamento pubblico straordinario da parte del Governo. A chiederlo è stato anche il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, in contemporanea al suo insediamento al dicastero di Viale Trastevere, quando ha chiesto tre miliardi di cui due per la scuola, per girarne buona parte proprio agli aumenti stipendiali. Sarebbe il minimo ma è improbabile che arriveranno, visto che, dalla Nota di aggiornamento al Def 2019, dei finanziamenti per gli aumenti degli stipendi di docenti e Ata non c’è traccia ed anzi si parla addirittura di possibili tagli”.

Anche l’Europa non può fare a meno di evidenziare la modestia degli stipendi conferiti agli oltre 850 mila insegnanti italiani: compensi che, in media, si fermano a 28.147,00 euro lordi, come quantificato nel recentissimo studio “Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2017/18”. Ora, però, c’è un altro dato che mette ancora più in luce l’inadeguatezza di quei compensi: scorrendo il rapporto “Education and Training MONITOR 2019” dell’Unione Europea, si scopre che, nessun livello di istruzione escluso, assieme ai docenti di Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, gli insegnanti italiani guadagnano meno dell’80% di ciò che percepiscono altri lavoratori con istruzione terziaria. Solo in Lussemburgo, Portogallo e Grecia mostrano livelli di stipendio superiori agli altri lavori con istruzione terziaria.

Stipendi e apprendimento

Ed è un dato particolarmente grave, non solo per le tasche dei docenti, ma anche per la qualità del servizio di formazione messo in atto. Secondo quanto riferito nel rapporto UE, vi sarebbe infatti una relazione tra i salari e l’apprendimento degli alunni: gli stipendi più alti, spiega Orizzonte Scuola dopo avere esaminato lo studio sul raffronto delle condizioni dei docenti nell’Ue, sono associati a impatti positivi sul reclutamento e l’idea di insegnanti meglio qualificati. In pratica, i livelli degli stipendi degli insegnanti sono correlati positivamente alle performance degli studenti. Va poi considerato che gli aumenti modesti degli stipendi degli insegnanti nelle scuole svantaggiate non sembrano essere sufficienti da soli per avere un impatto significativo sull’inclusione.

Stipendi iniziali e a fine carriera

Nel rapporto Ue, ci si sofferma anche sull’aumento percentuale tra lo stipendio iniziale e massimo: Perché mentre in Italia occorrono 35 anni per arrivare ad un incremento massimale di circa il 50% dello stipendio iniziale, nell’Unione Europea vi sono dei Paesi che fanno registrare aumenti percentuali di carriera decisamente più alti: sono quelli degli insegnanti della Romania (143%), dei Paesi Bassi (104%), del Portogallo (99%), della Grecia (95%), dell’Austria (94%), dell’ Ungheria (90%), dell’Irlanda (89%) e anche della Slovenia (80%).