Oncologia: non bisogna dimenticare la lezione del Covid per un modello di presa in carico territoriale

Una sanità più vicina al paziente oncologico: questo si sta prefissando di fare la Regione Campania con la Rete oncologica, perché attualmente esistono criticità. La volontà di garantire equità di accesso alle cure, di evitare ai pazienti oncologici “viaggi della speranza” alla ricerca del centro per effettuare gli esami e di assicurare la migliore assistenza sul territorio, è la grande sfida di questa regione. 

La Missione 6 salute contiene tutti gli interventi organizzativi previsti a titolarità del MinSal suddivisi in due componenti: reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale; innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario. In ambito oncologico si affronta il tema nel corso del convegno “ONCOnnection Stati generali dell’Oncologia SUD: CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, SICILIA”, organizzato da Motore Sanità con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda, AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.

In Campania abbiamo finalmente una Rete oncologica, abbiamo grandissime professionalità in questo settore e un ospedale di rilievo nazionale che è un punto di riferimento per il nostro paese. Si sta lavorando per implementarla, ma c’è tanto da fare, lo percepisco soprattutto per il feedback che ricevo quotidianamente dai cittadini – ha spiegato Valeria Ciarambino, Componente V Commissione Sanità e Sicurezza sociale del Consiglio Regionale Campania -. La realtà è che siamo ancora lontani dal riuscire a garantire l’effettività del diritto alla salute in questo settore e in particolare siamo lontani dal garantire quella qualità percepita ai cittadini che vivono il problema della malattia oncologica e che devono sentirsi presi in carico integralmente. Su questo mi sto impegnando personalmente, soprattutto sul livello territoriale e della presa in carico. C’è una delibera che risponde ad una mia sollecitazione che la Giunta regionale campana ha emanato di recente in base alla quale un paziente che debba fare la chemioterapia in Campania, finalmente potrà fare gli esami abilitanti, poi effettuare la chemioterapia direttamente nella struttura dove effettuerà la effettuerà. Oggi invece accade che un cittadino oncologico vada in centro convenzionato per fare l’emocromo, e debba magari pagarselo di tasca propria perché si sono esauriti i fondi dei tetti di spesa”. 
“Mi sto battendo –
aggiunge Valeria Ciarambino – per l’attivazione dei reservice e dei Pac che consistono nella presa in carico globale del paziente oncologico anche dal punto di vista della specialistica ambulatoriale per quanto attiene gli esami diagnostici di follow up. Stesso disagio: il paziente oncologico è in carico dallo specialista ma poi deve recarsi dal medico di medicina generale per fare le prescrizioni e deve andare in giro per i centri pubblici e privati convenzionati a cercarsi le prestazioni diagnostiche di follow up. La mia idea è che il paziente faccia tutto il follow up all’interno della struttura in cui è stato preso in carico, questo vuol dire migliorare la qualità di vita di chi già vive la malattia tumorale”. 
Altro tema le cure palliative. “Domani – e va a concludere Valeria Ciarambino – in Consiglio regionale si svolgerà una audizione in commissione sanità, su mia richiesta, per parlare della rete delle cure palliative che è un altro tema che attiene all’oncologia su cui la Campania è molto indietro. Mettendo insieme tutti questi pezzi, accanto ai pdta a cui si sta lavorando, e alla strutturazione dele rete oncologica, potremmo dire di essere in grado di prenderci cura di chi oggi vive la malattia tumorale”. 

Maria Rosaria Romano, Direzione Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale, Regione Campania, ha sottolineato che la Regione negli ultimi anni ha fatto molto per il paziente oncologico. “La Roc, riferibile ad un modello molto innovativo che è quello del Comprehensive Cancer Network, ha una piattaforma che è altamente innovativa perché consente di prendere in carico velocemente il paziente e di accompagnarlo in tutto il processo, tutto questo in un tempo relativamente breve. Abbiamo qualche criticità legata alla carenza di case manager e ciò si ricollega al problema nazionale della carenza di personale infermieristico in generale. Anche su questo stiamo lavorando, come pure stiamo lavorando sui test genomici garantendo nel 2022 ad oggi 600 test su 700 alle pazienti affette da carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce. Abbiamo inoltre recepito il dm sul riparto dei fondi per i test di NGS, quindi cerchiamo di essere al passo con tutte le indicazioni sia nazionali che europee. Infine, la piattaforma ci consente di inserire i nostri pazienti, una volta caricati in essa, anche nelle sperimentazioni cliniche che è molto importante”.

Secondo Maurizio Di Mauro, Direttore sanitario dell’Istituto nazionale tumori IRCCS Fondazione “G. Pascale” di Napoli “l’utilizzo dei fondi PNRR è una opportunità per la sanità in genere, ed in particolar modo, della nostra Regione, per interventi fondamentalmente legati all’acquisizione di risorse, quale personale e implementazioni delle tecnologie interventistiche”. “Il Pascale – prosegue Di Mauro -, istituto di riferimento per le patologie oncologiche, ha inteso investire tali fondi proprio sull’aggiornamento tecnologico degli strumenti fondamentali per la diagnosi e terapie delle suddette patologie. Per le patologie oncologiche la diagnosi precoce è fondamentale per impostare una terapia adeguata al fine di giungere ad una prognosi fausta e ad una qualità di vita ottimale. Va considerato anche che, essendo l’Istituto Pascale un IRCCS, avere mezzi diagnostici di ultimissima generazione risulta importantissimo anche ai fini della ricerca, e l’Istituto Pascale, ad oggi, è considerato tra gli Istituti di ricerca più importanti al mondo“.

La pandemia da Covid-19 ha evidenziato la necessità di una profonda riconversione dell’offerta assistenziale sia ospedaliera che territoriale, accentuando problemi non affrontati negli ultimi decenni quali la carenza di personale, l’innovazione tecnologica, la medicina territoriale, la formazione del personale” spiega Maria Triassi, Presidente della Scuola di Medicina Ateneo Federico II, di Napoli. “L’ospedale e il territorio devono essere visti in futuro realtà profondamente integrate, superando la settorializzazione che ha caratterizzato il loro rapporto finora, realizzando il percorso del paziente, reinterpretando il modello dell’intensità di cure non a favore dell’organizzazione (ospedale appunto per intensità di cure) ma a favore dell’utente, realizzando una assistenza integrata per gradualità delle cure. Per realizzare tale obiettivo è necessario innanzitutto una analisi epidemiologica attenta e realistica dei bisogni di salute dei bacini di utenza e delle realtà locali. Il PNRR prevede ingenti investimenti (circa 8 miliardi) per le reti di prossimità, in gran parte utilizzabili per la realizzazione degli ospedali di comunità, Hub&Spoke, che dovrebbero realizzare dal punto di vista preventivo e terapeutico, lo zoccolo duro della medicina di prossimità, integrandosi con le cure domiciliari e con l’ospedale. La scommessa del futuro sarà misurabile con la effettiva realizzazione della rete preventiva ed assistenziale al servizio dell’utente”.
Secondo Maria Triassi ci sono importanti elementi di criticità che andranno monitorati: la formazione del personale, in quanto il PNRR finanzia e le strutture ma non le risorse umane e la loro formazione; l’ammodernamento tecnologico: come si valuterà l’obsolescenza di una tecnologia e come si smaltiranno le tecnologie obsolete? Da non dimenticare, infine, che la tecnologia deve essere al servizio del medico e del professionista sanitario e non sostitutiva degli stessi.