NO ALLE LAUREE ANTICIPATE DEI GIOVANI INFERMIERI SENZA ESPERIENZA PER LANCIARLI ALLO SBARAGLIO CONTRO LA MORTE

Giovani, senza una esperienza reale, costretti a combattere contro la morte. Immaginiamo che anche a loro sia stato riservato un contratto a termine di tre/sei mesi oppure, nei migliori dei casi, a tre anni meno un giorno per evitare assunzioni a tempo indeterminato, non è vero?»…

 «Chi doveva gestire con raziocinio il prevedibile arrivo della seconda ondata dell’emergenza pandemia non l’ha fatto. Chi doveva assumere infermieri con contratti degni di tal nome, immaginando quale sarebbe stato loro improbo impegno contro il Covid, si è limitato a spostare di qua e di la i professionisti della sanità come pedine di una scacchiera, accorpando i reparti, svuotando le ambulanze del 118, evitando l’affiancamento graduale del nuovo personale (gli infermieri veterani, invece, si sono aggiornati per conto loro) e costringendo colleghi per una vita impiegati in reparti come ortopedia a occuparsi oggi della cura della peggiore delle malattie infettive che l’umanità abbia conosciuto di recente. Adesso apprendiamo, con profondo sconcerto, che Regioni come l’Emilia Romagna intendono anticipare le lauree in infermieristica per gettare nella mischia ragazzi e ragazze senza una reale esperienza. I dirigenti della sanità pubblica si difendono dicendo che questi giovani hanno già effettuato tirocini e formazione, ma ci rendiamo conto cosa rappresenta il Covid in questo momento e come non faremo altro che mettere su una graticola fatta di responsabilità enormi questi giovani ragazzi?».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, critica aspramente l’ennesimo colpo ad effetto delle regioni italiane, che in un momento di pressochè totale mancanza di un coordinamento centrale, decidono di portare a compimento prima del tempo le lauree di numerosi studenti. A partire da ieri, 11 novembre, sembra già che 48 infermieri, a Reggio Emilia, abbiano conseguito la laurea in netto anticipo rispetto ai tempi previsti.

«Cosa sarà di quei ragazzi che, tra questi, saranno dirottati nelle aree covid? Come potranno offrire il loro concreto contributo alla tutela della salute degli italiani? Ci dimentichiamo dello stress e delle malattie psicologiche a cui i nostri infermieri veterani sono stati sottoposti durante la prima emergenza? Turni di lavoro massacranti, colleghi che indossavano e indossano il pannolone perché non hanno tempo di andare in bagno, mancanza di presidi di protezione, esposti costantemente al rischio di contagio, lontani dalle loro famiglie. Certo, forti e combattivi, ma anche impauriti e costretti a lavorare nella totale disorganizzazione. Quella che li sta penalizzando, quella gestione scellerata che doveva offrire forza lavoro molto prima del riesplodere nell’emergenza nelle regioni chiave. Chi lo ha detto che gli infermieri non ci sono sul mercato? Se li facciamo scappare all’estero, perché Germania, Inghilterra e Lussemburgo offrono loro, per le medesime funzioni, fino a 3mila euro al mese, come pensiamo che possano restare nel nostro paese o accettare, come accade, solo per esempio nelle Marche, ridicoli contratti a tre mesi per rischiare la vita? E come pensiamo di trattare organizzativamente questi ragazzi alla prima esperienza lavorativa vera? Li vogliamo immolare contro il “mostro covid” nonostante la loro inesperienza, puntando tutto sul loro entusiasmo e sul forte senso di attaccamento alla loro professione perchè non abbiamo altra scelta? Insieme a loro prenderemo personale in pensione e magari sostituiremo gli infermieri che mancano con soggetti meno qualificati come suggerisce il Piemonte? C’’è di che avere paura, dal momento che sarebbero proprio queste le strategie partorite dalle fervide menti dei nostri governanti, conclude De Palma.