MILANO È MEMORIA. CERIMONIA PER IL 174° ANNIVERSARIO DELLE CINQUE GIORNATE

Milano – Cerimonia per il 174° anniversario delle Cinque Giornate di Milano e l’intervento della Presidente del Consiglio comunale, Elena Buscemi.  
Erano presenti, inoltre, l’assessore allo Sviluppo Città metropolitana, Giovani e Comunicazione di Regione Lombardia, Stefano Bolognini, il Viceprefetto Cinzia Belvedere, in rappresentanza del Prefetto di Milano, la Vicesindaca metropolitana di Milano, Michela Palestra, e il Comandante della Scuola Militare Teulié, Colonello Gianluigi d’Ambrosio. 

L’intervento della Presidente Buscemi  

Buongiorno a tutte e tutti.
È un onore trovarmi con qui con voi per la prima volta da presidente del Consiglio comunale di Milano. Oggi ricordiamo uno dei momenti più significativi della nostra storia cittadina e del Risorgimento italiano.
Tutti conosciamo e riconosciamo nelle Cinque Giornate di Milano il grande moto d’orgoglio del popolo milanese oppresso dall’occupazione austriaca.
In quella ribellione ebbe un ruolo significativo anche l’allora Imperial Regio Collegio dei Cadetti, che oggi conosciamo come Scuola Militare Teulié.


Se siamo qui, insieme ai suoi massimi rappresentanti, è perché i collegiali della scuola parteciparono attivamente alle Cinque Giornate sostenendo i rivoltosi milanesi, tanto da subire la punizione degli austriaci una volta rientrati in città.
Per questo, a breve consegnerò la bandiera del Primo Tricolore, che sventolò sulla guglia più alta del Duomo durante le Cinque giornate, alla Scuola Militare “TEULIÉ” che la riconsegnerà all’Amministrazione in occasione del giuramento degli Allievi del primo anno di Corso.
Senza voler accostare impropriamente momenti storici e vicende lontane, ciò di cui stiamo parlando e che celebriamo con solennità sono il coraggio e l’intraprendenza di chi si è ribellato all’invasore. Oggi, purtroppo, parole come occupazione, oppressione e liberazione non possono che evocare la triste attualità della guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina.
Fino a poche settimane fa, illudendoci, mai avremmo pensato che in Europa si sarebbe combattuta una guerra come quella a cui stiamo assistendo. Mai avremmo pensato di rivedere così vicine a noi immagini di bambini, donne, case e ospedali bombardati. E invece ci siamo ricreduti. Tra poco saranno vent’anni dall’assedio di Sarajevo, quasi ottanta dalla fine del Secondo conflitto mondiale. Eppure, la guerra ritorna Europa.
È incredibile quanto siano recidivi certi potenti, certi governi nel mondo, quanto la Storia sembri non aver insegnato nulla a chi si impone con la forza sugli altri, a chi sostituisce il dialogo, la politica, la diplomazia con la violenza, che è la via più veloce per risolvere certi problemi ma anche la più sbagliata.
Quello che oggi festeggiamo è un evento storico di grande importanza, che ha segnato i moti di liberazione nazionale. Sembra scontato, ma dobbiamo essere consapevoli e grati per la fortuna che abbiamo di vivere in un Paese libero.
Mi auguro che la politica, la diplomazia e la resistenza ucraina, possano presto restituire a quel popolo oppresso le stesse parole che stiamo usando qui oggi per celebrare il coraggio della nostra città insorta nel 1848: libertà, indipendenza e autodeterminazione.