MELANOMA: L’IMMUNOTERAPIA FUNZIONA MEGLIO SE SOMMINISTRATA ENTRO LE ORE 13

L’immunoterapia contro il melanoma è più efficace e con meno effetti collaterali se somministrata al mattino. Questo è uno dei dati emersi dallo studio multicentrico di Fase III CheckMate 238, il primo che conferma l’efficacia a 10 anni dell’immunoterapia adiuvante, cioè somministrata dopo l’intervento nei pazienti con melanoma resecato ad alto rischio. Il lavoro è stato presentato da Paolo Ascierto, professore ordinario di Oncologia all’Università Federico II di Napoli e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, al congresso annuale dell’European Society For Medical Oncology (ESMO), in corso a Berlino. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista New England Medical Journal of Medicine. 

“Questi dati rappresentano il follow-up più lungo mai registrato per un immunoterapico somministrato dopo l’intervento chirurgico del melanoma – spiega Ascierto -. Un’analisi successiva post-hoc suggerisce inoltre una potenziale migliore efficacia e tollerabilità dell’immunoterapia somministrata prima delle ore 13, un dato che merita ulteriori valutazioni”.

 Lo studio

Lo studio ha coinvolto un totale di 906 pazienti con melanoma resecato ad alto rischio, divisi in 2 gruppi: nel primo i pazienti hanno ricevuto il farmaco nivolumab e nel secondo l’ipilimumab. Tutti i pazienti sono stati seguiti per circa 10 anni. “Ebbene, il nivolumab, un inibitore di PD-1, uno dei ‘freni’ che impediscono al sistema immunitario di attaccare il tumore, ha dimostrato un’efficacia superiore e duratura rispetto alla monoterapia con l’ipilimumab, sia sulla sopravvivenza libera da recidiva e sia sulla sopravvivenza libera da metastasi a distanza”, riferisce Ascierto.

In particolare, il tasso di sopravvivenza libera da recidiva a 10 anni è stato del 44% per i pazienti trattati con nivolumab, rispetto al 37% per quelli trattati con ipilimumab. Uno scarto simile è stato osservato anche sul fronte della sopravvivenza libera da metastasi a distanza: 54% nel gruppo nivolumab in confronto al 48% nel gruppo ipilimumab. Più simili i tassi di sopravvivenza globale a 10 anni, pari al 69% con nivolumab e al 65% con ipilimumab. “Differenze lievi, ma comunque significative, sono state nuovamente riscontrate nella sopravvivenza libera da progressione alla seconda linea di terapia: l’analisi mostra la superiorità di nivolumab, con tassi a 10 anni del 55%, rispetto al 47% per l’ipilimumab”, sottolinea Ascierto.

Tempi di cura

In un’analisi separata sulla stessa coorte di pazienti, i ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente. I pazienti a cui l’immunoterapia è stata somministrata al mattino, precisamente prima delle ore 13, la sopravvivenza libera da recidiva a 10 anni è risultata del 44% contro il 38% di chi l’ha ricevuta di pomeriggio. “Ancora più ampio è lo scarto tra i pazienti a cui è stato somministrato solo l’ipilimumab: 43% di sopravvivenza libera da recidiva di mattina contro il 34% – precisa Ascierto -. Inoltre, i dati indicano una frequenza numericamente più alta di eventi avversi correlati al trattamento con la somministrazione pomeridiana rispetto a quella mattutina per entrambi i farmaci. E’ dunque evidente che il ritmo circadiano influenza l’efficacia e la tollerabilità dell’immunoterapia, un filone di ricerca che merita di essere approfondito”.