Medici di famiglia siciliani: Case di comunità flop in un Paese sempre più anziano

SIRACUSA – Le case di comunità saranno un flop: è la previsione dei medici di medicina generale siciliani, e non solo, riuniti nei giorni scorsi a Siracusa in occasione del  20° congresso regionale SIMG, società italiana di medicina generale, tra le più autorevoli e accreditate: oltre 300 partecipanti al Grand Hotel Villa Politi per un aggiornamento scientifico sulle nuove frontiere scientifiche, terapeutiche e tecnologiche e un’analisi sul futuro. 

“È un momento di cambiamento epocale per la professione medica in generale e per noi medici di famiglia in particolare – hanno spiegato il presidente dell’assise Riccardo Scoglio e il vicesegretario SIMG Giovanni Merlino – per questa ragione abbiamo arricchito l’appuntamento con una tavola rotonda dedicata alle criticità del Sistema e alle nostre prerogative raccolte anche in sede sindacale”. Particolarmente approfondito l’intervento del presidente nazionale SIMG Alessandro Rossi: “La recente proposta del Governo di trasformare gli mmg da liberi professionisti a dipendenti per riempire le nasciture case di comunità ha suscitato aspre proteste. Ne dovevano partire più di 1300 in tutta Italia e al momento sono operative appena 38: la scadenza di giugno 2026 verrà sicuramente prorogata, dato che si tratta di “scatole vuote”, che dovrebbero andare a colmare un livello intermedio tra la medicina di base e quella di secondo livello, ma la carenza di medici impedisce il loro slancio. Rossi ha poi illustrato una serie di dati e istanze che saranno raccolte dalla SIMG in un “libro bianco” da illustrare sui tavoli istituzionali e ribadito il significativo ruolo della Simg nella crescita culturale e professionale della medicina generale.

“L’Italia è sempre più anziana – ha ricordato il presidente emerito della SIMG Claudio Cricelli – oggi si contano oltre 14 milioni e 200mila persone con più di 65 e il numero è chiaramente destinato a crescere. Si tratta di cittadini che avranno difficoltà motorie, comorbilità e altre problematiche cui può far fronte solo un medico di famiglia, vicino, presente, che conosce la storia e la vita del paziente”.

Tra gli ospiti del congresso il presidente della FNOMCeO (federazione che raggruppa gli Ordini dei medici e odontoiatri italiani) Filippo Anelli è intervenuto per ribadire l’importante carenza di medici di medicina generale: ne mancano all’appello ben 5500 ma la Sicilia fa eccezione dato che il numero è congruo con un rapporto di 1.161 utenti per medico, un valore inferiore alla media nazionale di 1.374. Discorso analogo per le scuole di formazione: nel 2024 i partecipanti al concorso nazionale per il corso di formazione specifica in medicina generale sono stati superiori ai posti disponibili: +86 candidati (+45%) rispetto alle borse finanziate (media Italia -15%). Bisogna tuttavia attenzionare che l’81% dei medici di famiglia siciliani hanno oltre 27 anni di servizio, dato superiore alla media nazionale, dunque urge un ricambio generazionale, oltre ad una maggiore presenza di personale amministrativo e infermieristico.

“La relazione fiduciaria è tempo di cura – ha detto il presidente Enpam Alberto Oliveti – è tempo clinico, evita esami e costi inutili. Una casa di comunità ogni 200-300 km, in un’Italia geo-morfologicamente non sempre piana, non è utile al Sistema”. Il presidente nazionale FIMMG (il più importante sindacato di categoria) Giacomo Caudo ha ricordato che l’mmg cura innanzitutto la cronicità, dunque concetti come prossimità, territorialità, fiducia sono pilastri irrinunciabili del rapporto medico – paziente e sono la colonna portante della medicina generale da non scalfire se si vuole migliorare la sanità.

“Dal 2022 al 2025 il Fondo Sanitario Nazionale – ha infine evidenziato il consigliere della Giunta esecutiva nazionale SIMG Luigi Galvano – è realmente cresciuto in termini nominali di oltre 10 miliardi di euro, passando da 125,36 mld a 136,53 mld. Ma questo aumento è stato ampiamente eroso dall’inflazione, che ha toccato l’8,1% nel 2022 e il 5,7% nel 2023. Se si valuta il Fondo in termini di incidenza sul Pil, è sceso, invece, dal 6,3% del 2022 al 6,1% nel triennio 2023-2025; una riduzione che, in valore assoluto, equivale a un taglio complessivo di 13,2 miliardi”.