M5S e la cultura del sospetto

Quei pochi lettori che hanno la pazienza di seguire i nostri interventi, ricorderanno la battaglia sul diritto all’innocenza. Questo principio è sancito dalla Costituzione: ogni cittadino è innocente, fino a prova del contrario.

Semplice, no? No, perché vige la cultura del sospetto che condanna chiunque abbia a che fare con la giustizia.
Un esempio? Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede (M5S), dichiara che “se c’è un sospetto, anche chi è pulito deve dimettersi”.

Ora, mettete insieme:
a) l’articolo del quotidiano spagnolo Abc, in cui si parla di una valigia, proveniente dal Venezuela, con 3 milioni e mezzo di euro in contanti, inviata nell’estate 2010, a Gianroberto Casaleggio;
b) il convegno pro Venezuela alla Camera dei deputati del M5S;
c) le mozioni parlamentari pentastellati pro Venezuela;
d) le visite dei parlamentari penta stellati in Venezuela;
e) la proposta di affidare al Venezuela un incarico per la mediazione sulla questione Libica;
f) l’opposizione alla mozione europea sulla situazione venezuelana.

Tutto questo induce al sospetto di una correlazione tra i vari fatti e che, seguendo le indicazioni del ministro penta stellato Bonafede, dovrebbe portare alle dimissioni dei vertici del M5S.

Non la pensiamo così. Ci siamo sempre opposti all’idea che un sospetto significhi colpevolezza e condanna: le accuse del giornale spagnolo devono essere validate da una sentenza dei tribunali, in primo, secondo e terzo grado; fino ad allora, le persone chiamate in causa sono del tutto innocenti.
E’ un principio di civiltà giuridica che il ministro Bonafede dovrebbe praticare.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc