Italia condannata a sanzioni pecuniarie per non aver recuperato aiuti illegittimamente concessi al settore alberghiero in Sardegna

Nel 2008 la Commissione ha deciso [1] che taluni aiuti concessi dall’Italia in favore di imprese alberghiere della Sardegna erano incompatibili con il mercato comune. Di conseguenza, l’Italia era tenuta a recuperare tali aiuti illegittimi (di importo complessivo pari a circa EUR 13,7 milioni) immediatamente ed effettivamente presso i beneficiari.

 

Con sentenza del 29 marzo 2012 [2], pronunciata nell’ambito di un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione, la Corte di giustizia ha dichiarato che l’Italia non aveva adottato tutti i provvedimenti necessari per recuperare gli aiuti in questione.

Poiché l’Italia continuava a non conformarsi a detta sentenza, la Commissione ha proposto, nel 2018, un secondo ricorso per inadempimento contro detto Stato membro. Nell’ambito di tale secondo ricorso, la Commissione ha chiesto alla Corte di condannare l’Italia al pagamento di una somma forfettaria nonché di una penalità.

Con la sentenza odierna, la Corte constata che l’Italia, non avendo adottato, entro la data in cui è scaduto il termine fissato dalla Commissione (ossia l’11 settembre 2014), le misure necessarie a recuperare integralmente gli aiuti di cui trattasi, è venuta meno all’obbligo ad essa incombente di eseguire la sentenza della Corte del 2012.

La Corte sottolinea che l’Italia non ha dimostrato quanto da essa fatto valere, ossia che il recupero integrale degli aiuti in questione sarebbe impossibile.

La Corte rileva altresì che il Tribunale dell’Unione europea ha respinto[3] il ricorso volto all’annullamento della decisione della Commissione del 2008 e che essa Corte ha confermato tale rigetto[4]: di conseguenza, i giudici italiani non possono disporre alcuna sospensione del recupero degli aiuti di cui trattasi.

Infine, la Corte ricorda che l’Italia non può invocare il legittimo affidamento dei beneficiari di aiuti illegittimi, in quanto tale argomento è già stato respinto nella sentenza della Corte del 2012.

Pur riconoscendo gli sforzi compiuti dall’Italia nel recupero degli aiuti in questione (nel 2019, l’89% dell’importo totale in conto capitale di tali aiuti sarebbe stato recuperato, vale a dire l’83% di tale importo in conto capitale maggiorato degli interessi), la Corte ritiene adeguato infliggere all’Italia sanzioni pecuniarie sotto forma di una penalità e di una somma forfettaria.

Per quanto riguarda la penalità, la Corte prende in considerazione la gravità dell’infrazione, che ha causato una distorsione della concorrenza, nonché la sua durata considerevole (oltre sette anni dalla prima sentenza della Corte).

Peraltro, sempre ai fini del calcolo della penalità, la Corte valuta la capacità finanziaria dell’Italia, tenendo conto, segnatamente, del fatto che il suo prodotto interno lordo (PIL) è diminuito durante il 2008, il 2009, il 2012 e il 2013, ma che esso è in aumento dal 2015.

La Corte specifica, inoltre, che le circostanze della causa giustificano l’adozione di una misura dissuasiva come il pagamento di una somma forfettaria al fine di evitare la futura reiterazione di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione.

Di conseguenza, la Corte condanna l’Italia a versare al bilancio dell’Unione una somma forfettaria di importo pari a EUR 7 500 000 nonché una penalità di importo pari a EUR 80 000 per ogni giorno di ritardo nell’applicazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012 (tale penalità è dovuta dalla pronuncia della sentenza odierna fino alla data di completa esecuzione della sentenza del 2012).

[1] Decisione 2008/854/CE della Commissione, del 2 luglio 2008, relativa al regime di aiuto «Legge regionale n. 9 del 1998 — applicazione abusiva dell’aiuto N  272/98» C 1/04 (ex NN 158/03 e CS 15/2003) (GU 2008, L 302, pag. 9).

[2] Sentenza della Corte del 29 marzo 2012, Commissione/Italia (C-243/10).

[3] Sentenza del Tribunale del 20 settembre 2011, Regione Autonoma della Sardegna e. a/Commissione (cause riunite T‑394/08, T‑408/08, T‑453/08 e T‑454/08).

[4] Sentenza della Corte del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione (cause riunite da C-630/11P a C-633/11P).