INFANZIA, AUDIZIONI IN COMMISSIONE: “CONTRO IL DEGRADO OPPORTUNI INTERVENTI PRECOCI IN AMBITO FAMILIARE”. ON. BRAMBILLA: “AGIRE SUGLI ADOLESCENTI PUÒ ESSER TROPPO TARDI”

“Contro aggressività e dipendenze giovanili, fenomeni in crescita, una risposta innovativa ed efficace può essere l’intervento in ambito familiare e comunque in età preadolescenziale”. Lo sostiene Alfredo Verde, presidente della Società Italiana di Criminologia e professore ordinario di Criminologia nell’Università di Genova, uno degli esperti auditi oggi dalla commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, presieduta dall’on. Michela Vittoria Brambilla, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, con focus sulla diffusione di alcol, nuove droghe, aggressività e violenza.

 

“Il quadro che sta emergendo dall’indagine – osserva la presidente – suggerisce effettivamente che potrebbe essere erroneo concentrare gli interventi nella fase adolescenziale, quando certi problemi si sono già manifestati o si stanno manifestando”.

“C’è un grande allarme sociale – ricorda il criminologo – sulla diffusione della violenza e delle dipendenze giovanili: da sostanze, da comportamenti e affettive, forme immature di relazione che possono produrre, come si vede proprio in questi giorni, effetti letali. Sono drammatici i dati sul consumo di alcol e di droghe da parte dei più giovani, con forte aumento della cocaina, degli stimolanti, dei cannabinoidi sintetici. C’è una crescita dei reati commessi dagli infraquattordicenni, sotto la soglia di punibilità, e dopo la pandemia è tornato a crescere, in generale, il numero delle denunce a carico di minorenni, mentre di positivo c’è da registrare il funzionamento dell’istituto della messa alla prova (solo il 6 per cento di revoche e l’9 per cento di proroghe)”.

Come rispondere? Secondo Verde, gli interventi più efficaci non sono quelli sui ragazzi (quando il problema può essersi già manifestato), ma quelli sulle famiglie e sulla prima infanzia. “Esperienze condotte negli Stati Uniti – spiega – mostrano che l’aiuto e l’informazione alle madri nei primi anni di vita dei bambini, anche un’ora sola alla settimana, hanno ridotto di molto i comportamenti antisociali e le dipendenze. Lo stesso vale per interventi sull’“attaccamento”, il legame che si instaura tra il bambino e chi si occupa di lui: insegnare ai genitori a “leggere” le emozioni del bambino si è rivelato in effetti molto utile per prevenire evoluzioni indesiderabili della sfera affettiva”. A scuola, invece, è necessario un maggior coinvolgimento di psicologi ed educatori, professionalità alle quali non si riconoscono oggi ruolo e peso adeguati”.

L’impostazione fondata sulla prevenzione in ambito familiare è pienamente condivisa da Piero Surfaro, intervenuto a nome dell’Associazione nazionale pedagogisti italiani, che considera “fondamentale” agire sui genitori e nella fase preadolescenziale.

“Nel corso dell’indagine – osserva la presidente Brambilla – si va consolidando l’impressione che gli sforzi compiuti sugli adolescenti non abbiano dato i frutti sperati e che sia consigliabile concentrarsi, per un’efficace prevenzione dei comportamenti a rischio, sulle famiglie e sui bambini in età scolare”.