GRANDI RETI EUROPEE DI TRASPORTO TEN-T: ITALIA PENALIZZATA DALLE NUOVE STRATEGIE

Una premessa. Era il lontano 2004 quando l’Unione europea, per impulso di Romano Prodi Presidente della Commissione, immaginò di rafforzare il processo di integrazione e di allargamento ai paesi provenienti dall’ ex Unione Sovietica con un grande progetto innovativo nel sistema dei trasporti terrestri, fluviali e marittimi. Nacque così il progetto Wider Europe (Europa più ampia) elaborato da un Gruppo di Alto Livello presieduto dal commissario Van Miert.

Il progetto che individuava cinque assi strategici delle reti europei di trasporto – all’interno dell’Ue, verso l’Europa dell’Est e verso il Mediterraneo – fu articolato in trenta progetti di investimento definiti come prioritari e approvato nel 2005. Era nata così la grande iniziativa della Trans European Network-Transport TEN-T (Rete transeuropea dei trasporti) finalizzata a potenziare e favorire al massimo la mobilità delle persone e delle merci, condizione base per un migliore sviluppo economico e più intensi scambi sociali e culturali. 

Come era prevedibile per un progetto tanto complesso e importante, numerose sono state le revisioni e modifiche apportate negli anni successivi al disegno iniziale, sia nello schema programmatico sia nelle scelte di bilancio a sostegno degli investimenti. La più importante di queste revisioni risale al 2013 quando la Ue articolò gli interventi su due livelli distinti:

il cosiddetto core network (il nucleo della rete) relativo cioè ai progetti di nove corridoi definiti di primario interesse strategico per l’Ue;

  1. b)    il comprehensive network (la rete globale) relativa ai corridoi di prevalente interesse degli Stati nazionali.

 

Al nuovo schema si accompagnò la costituzione di un apposito fondo per i finanziamenti dei progetti, il Connecting Europe FacilityCEF (Meccanismo per collegare l’Europa) con cui, ad esempio, nel periodo 2014-2020 l’Ue ha messo a disposizione per la connettività delle reti una somma pari a 26.360 miliardi euro. (attualmente, per il periodo 2021-2027, questa somma è stata aumentata a 33.710 miliardi euro).

 

L’elemento fondamentale su cui riflettere riguarda il fatto che nell’individuare i nove corridoi strategici, nel 2013 l’Ue fu molto attenta a disegnare uno schema di reti di trasporto equilibrato nelle sue proiezioni, interne ed esterne, sia lungo l’asse Nord-Sud che lungo l’asse Est-Ovest; ma che nel 2022, con l’ultima revisione promossa la scorsa estate tra i mesi di giugno e luglio, questo equilibrio d’insieme è stato notevolmente modificato, praticamente si è rotto. Il baricentro delle grandi reti europee di trasporto è stato spostato decisamente verso l’Europa dell’Est, i Balcani, il Mediterraneo orientale. Ovviamente su questa decisione, codificata nella proposta della Commissione n.384 del 27 luglio 2022, hanno inciso i tragici eventi della guerra in Ucraina e il bisogno di contribuire a facilitare il processo di adesione alla Ue degli stati di queste aree geografiche.

 

Sta di fatto, però, che se guardiamo all’interesse dell’Italia, il nostro Paese ne risulta fortemente penalizzato. Era già successo con la decisione della Brexit e la modifica del relativo corridoio con la Gran Bretagna, che ha avuto un impatto negativo sui trasporti di merci tra Genova, Rotterdam e Gran Bretagna. Un impatto analogo è facile da immaginare, ad esempio per i porti del Mezzogiorno come Napoli, Gioia Tauro, Palermo con lo spostamento di interessi e investimenti verso Est prefigurato dall’Ue. L’unica concessione della Commissione europea al nostro Paese riguarda il prolungamento da Ravenna a Bari del corridoio che collega il Mar Baltico e il Mare Adriatico.

Il fatto che lascia perplessi, un vero punto di domanda, riguarda il consenso unanime, quindi anche da parte italiana, che la Commissione europea ha ricevuto prima di procedere alle suddette modifiche e delineare le nuove strategie. Come si legge testualmente nel documento comunitario sulla nuova rete europea dei corridoi di trasporti del 27 luglio 2022 n.384, la proposta è stata elaborata dopo un’ampia ed approfondita interlocuzione interistituzionale e bilaterale con gli Stati membri della Ue e i principali stakeholders, registrando un via libero a procedere nella revisione (incontri del 8, 10, 29 giugno, consultazione dal 6 al 22 luglio).

 

Se da un lato ci domandiamo: chi ha partecipato per l’Italia? Quali posizioni ed esigenze ha espresso in queste occasioni? Dall’altro c’è da chiedersi se e come sia possibile modificare questa proposta che penalizza il nostro Paese. È possibile correggerla in modo che la strategia europea risulti più equilibrata verso il Mediterraneo nelle due aree occidentale e orientale? Più proiettata anche nel coinvolgimento della sponda Sud del nostro mare? Una urgente iniziativa finalizzata a questo obiettivo sarebbe, certo, nell’interesse dell’Italia, ma anche della stessa Unione europea. L’Eurispes presenta alcune proposte.

Contributo per una azione di rilancio della posizione italiana

Nota a cura di Gianpaolo Basoli, Luca Danese, Marco Ricceri