GNL e metano: l’Europa cambia rotta. E l’Italia, dove esistono ancora progetti pericolosi come quello di Pesaro?

di Roberto Malini

Pesaro – Mentre a Pesaro si insiste con il progetto di un impianto di liquefazione di metano nel cuore urbano di una città d’arte e di mare, l’Europa sembra finalmente riprendere il sentiero del Green Deal. Il 7 aprile, la Environmental Defense Fund Europe (EDF Europe) e Deutsche Umwelthilfe (DUH) hanno lanciato il nuovo Osservatorio Civico Europeo sul Metano (CSO-M). L’iniziativa è una piattaforma indipendente che rafforza il monitoraggio delle emissioni di metano legate ai combustibili fossili, promuove la collaborazione transnazionale e mette la società civile al centro della lotta per la trasparenza e la giustizia climatica.

Il messaggio è chiarissimo: il metano è un nemico invisibile ma devastante. Secondo l’EDF, “questo è il decennio decisivo. Abbiamo già gli strumenti per tagliare le emissioni di metano in modo rapido ed economico. La domanda è: vogliamo davvero farlo?”

In questo contesto, come può l’Italia giustificare la costruzione di nuovi impianti che trasformano il metano in GNL, con processi notoriamente ad alta intensità energetica, perdita di gas incombusto e un impatto climalterante superiore al carbone?

Il progetto di Pesaro, già approvato senza perizie indipendenti e in pieno contrasto con l’art. 41 della Costituzione, rischia non solo di compromettere la salute e il paesaggio, ma anche di isolare l’Italia dalle strategie ambientali europee, sempre più orientate a ridurre e non espandere l’utilizzo del gas fossile.

Non si tratta più di scelte locali. Si tratta di essere parte del cambiamento, o esserne la zavorra. Se l’Europa accelera verso la decarbonizzazione e il controllo del metano, progetti come quello di Pesaro sono già vecchi, pericolosi e contrari alla direzione della storia.