Energia, territori e diritti: l’Europa non può sacrificare ambiente, democrazia e società civile

Negli ultimi anni l’Italia, come altri Paesi dell’Unione Europea, sta conoscendo una crescita significativa di impianti industriali ed energetici a elevato impatto ambientale e sanitario, spesso collocati in aree prossime ai centri abitati, in contesti paesaggistici e naturalistici di pregio, o in territori già fragili dal punto di vista ecologico, sismico e climatico.

Secondo dati ufficiali, in Italia risultano attivi circa mille stabilimenti industriali soggetti alla normativa Seveso, mentre oltre duecento nuovi progetti sono stati approvati nel solo 2024 attraverso procedure di Valutazione di Impatto Ambientale statale. A questi si aggiunge un numero stimabile in circa un migliaio di progetti attualmente in fase di valutazione ambientale o autorizzativa a diversi livelli amministrativi.

Questo quadro non descrive una “industrializzazione pesante” nel senso storico del termine, ma piuttosto una pressione industriale diffusa, frammentata e cumulativa, spesso priva di una reale pianificazione territoriale e strategica, con un aumento progressivo dell’esposizione delle popolazioni ai rischi ambientali e industriali.

Il confronto con altri Paesi dell’Unione Europea evidenzia un dato critico: l’Italia combina alta densità abitativa, straordinario patrimonio culturale e naturale, fragilità geologica e climatica, con una collocazione di impianti industriali ed energetici che in altri Stati membri sarebbe difficilmente accettabile o soggetta a limiti più stringenti.

La crisi energetica innescata dal conflitto russo-ucraino ha reso l’energia un fattore centrale per la crescita economica europea. Tuttavia, la sicurezza energetica non può diventare un alibi per l’indebolimento delle regole, né per la compressione dei diritti delle comunità locali, della tutela ambientale e della salute pubblica.

“EveryOne Group richiama l’Unione Europea al proprio ruolo fondamentale di vigilare sul rispetto rigoroso delle norme ambientali, sanitarie e di partecipazione democratica – afferma Roberto Malini, co-presidente dell’organizzazione umanitaria e ambientalista – anche in una fase di emergenza energetica; garantire che la transizione energetica non si traduca in una colonizzazione industriale dei territori più fragili; assicurare che le valutazioni degli impatti cumulativi e di lungo periodo non siano aggirate o ridotte a meri adempimenti formali”.

In un’Europa in cui la politica appare sempre più distante dai problemi concreti di ambiente, salute e diritti, la società civile organizzata svolge un ruolo essenziale di controllo democratico e competenza diffusa. Questo ruolo deve essere riconosciuto, tutelato e valorizzato, non delegittimato.

Al contrario, assistiamo a una preoccupante crescita delle SLAPP (azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica) e di altre forme di intimidazione, che riducono la presenza dei difensori dei diritti umani e ambientali sui territori e pongono sotto pressione persecutoria coloro che restano attivi, in particolare quando dispongono di competenze giuridiche, scientifiche e ambientali.

Se questo trend non verrà invertito, il rischio è duplice e gravissimo. Esso comporta infatti un pesante cambiamento ambientale e industriale, con la compromissione irreversibile di ecosistemi, paesaggi, beni culturali e con l’aumento della probabilità di nuove tragedie industriali, aggravate dagli effetti del cambiamento climatico. Prefigura inoltre una crisi di civiltà, con una progressiva implosione verso una falsa democrazia, in cui le scelte strategiche vengono sottratte ai cittadini, agli esperti indipendenti e alla società civile attiva sui territori.

“EveryOne Group ribadisce che la transizione energetica deve essere giusta, sicura e partecipata – conclude Malini – e che senza il rispetto dei diritti, della legalità ambientale e del ruolo dei difensori dei diritti umani, non esistono vera sostenibilità né futuro per l’Europa”.

EveryOne Group