Diritto & rovescio: al Senato lo scempio dei precari universitari

  1. L DDL 2285 SU RECLUTAMENTO E PRECARIATO

 

Francesco Verducci (PD), relatore del DDL 2285 su reclutamento e precariato, l’11 maggio 2022 ha presentato in Commissione Istruzione del Senato nuovi emendamenti al testo approvato alla Camera. Gli emendamenti presentati dal Relatore riguardano gli articoli 2 (Borse di ricerca), 4 (Contratti di ricerca), 5 (Ricercatori universitari), 6 (Reclutamento presso gli enti pubblici di ricerca) e 8 (Norme transitorie).

Il 17 maggio 2022 sono stati presentati subemendamenti da parte di alcuni Senatori.

Per leggere tutti gli emendamenti presenti cliccare qui.

L’esame del DDL sta avvenendo in sede redigente: il testo approvato dalla Commissione sarà votato dall’Aula senza possibilità di emendarlo.

 

Considerando il testo del DDL 2285 approvato alla Camera e gli emendamenti presentati dal Relatore in Commissione, è chiaro che si vuole approvare una legge con la quale si vuole mantenere, accrescendolo e prolungandolo, il precariato universitario in una condizione di sudditanza al servizio del singolo barone.

E tutto questo senza dare significativi sbocchi agli attuali precari (oltre 60.000). In questa direzione ADI, ANDU, ARTED, CISL UNIVERSITÀ, CNU, FLC CGIL, RETE 29 APRILE, UIL RUA e UNIVERSITÀ MANIFESTA hanno più volte e con forza chiesto il bando di almeno 30.000 posti di ruolo. Una richiesta che peraltro consentirebbe di dare uno sbocco solo a una parte degli attuali precari, di recuperare – ma non del tutto – i posti di ruolo sottratti dal 2008 e di avvicinarsi – senza tuttavia raggiungerla – alla media europea del rapporto docenti/studenti. Una richiesta anche al di sotto delle almeno 45.000 posizioni di ruolo considerate necessarie nella relazione tecnica alla Legge di Bilancio 2022.

Le stesse Organizzazioni universitarie hanno più volte affermato che il DDL che si vuole fare approvare in Commissione è INACCETTABILE e hanno unitariamente espresso puntuali osservazioni e proposte che il Relatore continua a rifiutarsi di accogliere, nonostante personalmente ne condivida la sostanza (v., tra l’altro, il DDL presentato dallo stesso sen. Verducci appena qualche tempo fa).

 

  1. IN SILENZIO

 

Sorprende che nessun Senatore si sia voluto esprimere in Commissione sui contenuti del DDL e che si stia arrivando direttamente alla votazione degli emendamenti; un silenzio ancora più inspiegabile e preoccupante dato che si tratta di un provvedimento molto importante per l’Università e per l’intero Paese, oltre che per i precari attuali e futuri.

Anche al Senato sembra prospettarsi, nei fatti, quanto già avvenuto alla Camera dove il DDL è stato approvato senza alcun voto contrario, nella solita logica che ha sempre visto, nella sostanza, l’intero Parlamento recepire quanto voluto da coloro che stanno da decenni operato per smantellare il Sistema universitario nazionale statale.

 

  1. COSA STA PASSANDO

 

Si sta prevedendo un precariato che può durare fino a 17 anni e più, quindi con un effettivo ingresso in ruolo a oltre 40 anni. Occorrerebbe invece rivedere l’intero impianto del DDL anche per rendere normale l’entrata in ruolo a non più di 31/32 anni, come auspicato anche da Giorgio Parisi e Maria Chiara Carrozza.

Le figure previste verrebbero definite con regolamenti locali e locali sarebbero le modalità concorsuali e le commissioni, frantumando così sempre di più il Sistema nazionale universitario statale.

Al contrario occorrerebbe prevedere figure con mansioni e trattamenti omogenei in tutti gli atenei e commissioni nazionali a tutti i livelli per farla finita con la cooptazione-arbitrio personale. Infatti per debellare la cooptazione personale è indispensabile che tutte le prove, a partire da quelle relative ai dottorati, diventino nazionali, che i componenti delle commissioni siano tutti sorteggiati tra tutti i professori e che di esse non debbano fare parte i professori che appartengono alle sedi dove sono stati banditi i posti e non ne debba fare parte più di un professore della stessa sede.

 

  1. Borse di ricerca (art. 2). Una marea di schiavetti

L’istituzione delle “Borse di ricerca”, post lauream e pre-dottorato, porterà a uno sconfinato ultra-precariato, privo di qualsiasi tutela, sottoposto al controllo diretto del singolo barone che avrà anche modo di individuare chi, a suo giudizio, meriterà di accedere a un dottorato.

Queste borse vanno assolutamente cancellate: qualsiasi ‘aggiustamento’ non ne attenuerebbe la dannosità.

Va ricordato che contro l’istituzione delle “Borse di ricerca” si è espressa anche la Presidente del CNR(v. i punti 63-66 del documento presentato alla Commissione Istruzione del Senato). In tale documento si legge, tra l’altro, che l’introduzione delle Borse di ricerca avrebbe come «conseguenza che un neo-laureato dovrebbe vedere allungato il proprio periodo di formazione con questo ulteriore step – privo di tutele economiche e sociali definite – prima di accedere al dottorato di ricerca, contraddicendo peraltro lo spirito che anima il disegno di legge, e cioè l’abbreviamento del percorso che conduce all’immissione in ruolo» (punto 64) e si invita la Commissione del Senato a «valutare l’ipotesi di cancellare questo contratto di ricerca dal disegno di legge» (punto 65).

 

  1. Contratti di ricerca (art. 4). Precari usa e getta

I “Contratti di ricerca” (ex assegni di ricerca), previsti dall’emendamento 4.1 (testo 2) del Relatore, costituiscono una figura di precari “usa e getta”, criticata ormai a tutti i livelli. Al loro posto andrebbe previsto un pre-ruolo con una nuova figura adeguatamente strutturata normativamente ed economicamente e, in particolare, dotata di autonomia anche nella gestione di fondi di ricerca, che vanno in questa direzione notevolmente incrementati. Per non farne comunque un’occasione di nuovo precariato, è anche indispensabile che sia di breve durata (3 anni) e che vi si acceda in una quantità rapportata ai posti in ruolo programmati. Inoltre per questa figura andrebbero previsti per legge la definizione dei compiti, una reale autonomia di ricerca e di gestione di fondi, oltre che il diritto di voto ai vari livelli e una adeguata rappresentanza.

Si ricorda che su questa questione ADI, ANDU, ARTED, CISL UNIVERSITÀ, CNU, FLC CGIL, RETE 29 APRILE e UNIVERSITÀ MANIFESTA hanno unitariamente e con forza sostenuto, anche nelle sedi istituzionali, che è «indispensabile una riforma del reclutamento che superi l’arcipelago delle forme parasubordinate, lesive della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici della ricerca, con l’introduzione di una figura unica pre-ruolo, che abbia una durata contenuta e in numero proporzionale agli sbocchi in ruolo, con diritti e tutele universali sulla base dei principi sanciti dalla Carta Europea dei Ricercatori e che tenga anche conto che sia i bandi Europei che quelli nazionali prevedono finanziamenti per ruoli a tempo determinato, eliminando tutte le altre forme contrattuali di sfruttamento del lavoro precario, borse ed assegni di ricerca».

Per leggere quanto proposto dall’ANDU in forma di emendamento al DDL cliccare qui.

 

  1. Ricercatori universitari (art. 5), ex RTDb

Occorrerebbe cancellare questa figura e prevedere invece che, dopo la fase del pre-ruolo, si possa accedere direttamente al primo livello del ruolo dei docenti, con conferma nel ruolo dopo i primi tre anni sulla base di un giudizio formulato da una Commissione nazionale.

Si ricorda che l’ANDU da oltre 30 anni chiede l’istituzione del ruolo unico della docenza universitaria. Di seguito la proposta dettagliata.

 

  1. UN RUOLO UNICO, NECESSARIO, SEMPLICE E POSSIBILE

 

Premessa

È bene rimarcare che in Italia MAI ci sono stati concorsi nazionali per tutte le fasi della carriera dei docenti (pre-ruolo e avanzamenti nel ruolo). I concorsi nazionali, fino alla Legge Berliguer del 1999, ci sono stati solo per associati e ordinari e non per i ricercatori di ruolo o per le figure precarie. E comunque quei concorsi nazionali non prevedevano le modalità proposte qui dall’ANDU.

 

Il ruolo unico

Occorre costituire un unico ruolo (organico unico) di professore universitario articolato in tre livelli retributivi, con uguali compiti, uguali diritti (compreso l’elettorato attivo e passivo) e uguali doveri, all’interno di un unico stato giuridico e uguale retribuzione in tutti gli Atenei.

L’ingresso nel ruolo deve avvenire con concorsi nazionali (senza l’ASN) e il passaggio di livello deve avvenire, a domanda, attraverso una valutazione complessiva (ricerca e didattica) nazionale individuale. In caso di valutazione positiva, deve conseguire l’automatico riconoscimento della nuova posizione (senza alcun ulteriore “filtro” locale).

Gli scatti economici all’interno di ogni livello devono essere legati esclusivamente all’età di servizio (retribuzione differita).

L’età pensionabile deve essere uguale per tutti i professori del ruolo unico. L’elettorato passivo deve essere riservato ai professori con anzianità nel ruolo unico di almeno cinque anni.

I vincitori dei concorsi nazionali devono poter scegliere dove prendere servizio, tra le sedi dove sono stati banditi i posti messi a concorso, sulla base di una graduatoria.

La ASN va abolita anche perché incompatibile con i concorsi nazionali

 

Transitorio

Gli attuali ricercatori a tempo indeterminato, i professori associati e i professori ordinari, a domanda, devono fare parte rispettivamente del terzo, del secondo e del primo livello del ruolo unico, mantenendo all’ingresso l’attuale retribuzione.

A tutti i ricercatori di ruolo e gli associati che hanno conseguito l’ASN deve essere riconosciuto immediatamente e automaticamente il passaggio di livello, con i relativi incrementi economici a carico dello Stato.