Da lunedì 21 a venerdì 25 ottobre PM e Giudici Onorari in sciopero e Tribunali bloccati

Dopo estenuanti e infruttuose trattative col Governo giallo-verde, la magistratura onoraria torna a far sentire la sua voce, proclamando l’astensione dalle attività giudiziarie. Col cambio di governo e di maggioranza, infatti, la musica e i suonatori non sono cambiati e il nuovo esecutivo non dà cenno di resipiscenza, arroccandosi tenacemente nella difesa ad oltranza di un inaccettabile assioma: gambizzare la magistratura italiana.

 

Se infatti è vero, piaccia o no, che una delle due gambe su cui si regge il sistema giustizia è la magistratura onoraria, è  altrettanto vero che il Ministro Bonafede non si ravvede dal proposito di amputarne funzioni e produttività limitando l’utilizzo dei suoi cinquemila componenti a sole tre giornate settimanali, con buona pace di avvocati e parti processuali che aspettano una sentenza, magari da anni.

Utilizzarli full-time e pagarli il giusto, ossia come un magistrato di prima nomina, costerebbe all’erario appena 100 milioni, un settantesimo degli importi stanziati per il reddito di cittadinanza, e frutterebbe vantaggi di valore inestimabile, sia in termini di imposte di registro che potrebbero essere riscosse in relazione al maggiore numero di sentenze che potrebbero essere emesse, sia in riferimento agli effetti economici su cittadini, imprese e mercati, sui quali le disfunzioni dell’attuale sistema giudiziario pesano in misura pari o superiore al 2% del PIL.

Il Ministro e il Governo preferiscono invece tenere a casa i magistrati onorari e retribuirli, per il loro lavoro part-time, con compensi indecorosi, per avvalorare il concetto che essi non siano dei normali lavoratori subordinati e non possano accampare diritti di alcun tipo, quasi fosse motivo di scandalo accordarne il riconoscimento a chi ha il compito di garantirne la tutela giurisdizionale nei confronti degli altri cittadini.

I tempi sono invece maturi per un complessivo ripensamento del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e vogliamo dare atto all’Associazione nazionale magistrati, sino al 2018 ostile a ogni riconoscimento di maggiori tutele, di avere mutato il proprio contegno e accolto molte delle nostre istanze: tutela previdenziale, retribuzione fissa adeguata, diritto alla mobilità territoriale e alla conservazione del posto in caso di malattia.

Il Governo ha però sminuito il significato di tale accordo e affidato ai propri uffici tecnici, peraltro composti da dirigenti in massima parte appartenenti alla medesima magistratura di ruolo, l’elaborazione di una proposta di legge, a saldi di bilancio invariati, che rende solo formali o simbolici tali riconoscimenti.

La discriminazione dei lavoratori è un atto sempre gravissimo, indipendentemente dalle ragioni che la sostengono; che essa costituisca il fil rouge delle politiche attuate fino a oggi nei confronti di una parte della magistratura italiana è poi anche un’offesa ai principi democratici del nostro ordinamento, all’intelligenza nostra e dei cittadini di cui amministriamo le sorti giudiziarie e all’autonomia e indipendenza della magistratura di ruolo, in passato coautrice di tale approccio suicida, ma oggi più consapevole delle conseguenze avverse che si producono sull’intero corpo magistratuale attaccandone le sue singole componenti.

 

Il Presidente 

 Raimondo Orrù

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