Corte Ue, cessione di farmacie comunali mediante gara: è contraria alla libertà di stabilimento la prelazione incondizionata ai farmacisti dipendenti

Corte Ue, cessione di farmacie comunali mediante gara. Nel 2014, il Comune di Bernareggio ha indetto un’asta pubblica per la vendita di una farmacia comunale. L’offerta di A e B è risultata quella economicamente più vantaggiosa. Tuttavia, la farmacia è stata aggiudicata a C. Tale soggetto, pur non avendo partecipato alla gara, ha esercitato il diritto di prelazione riservato ai farmacisti dipendenti dell’esercizio farmaceutico comunale oggetto di cessione, ai sensi del bando e della legge 362/1991[1].

 

Tale decisione è stata impugnata, prima innanzi al TAR Lombardia e poi davanti al Consiglio di Stato, da A e B, secondo i quali la suddetta prelazione sarebbe lesiva dei principii di libera concorrenza e di parità di trattamento, come sanciti dal diritto dell’Unione. Infatti, A e B sostengono che l’attribuzione di una prelazione legale comporti un vantaggio tale da permettere al beneficiario di primeggiare su chi abbia presentato la migliore offerta, vanificando, pertanto, il confronto concorrenziale. Inoltre, ritengono che una simile misura non sarebbe giustificabile dal punto di vista della tutela dei lavoratori subordinati, che sono comunque protetti dalla normativa civilistica volta a garantire la conservazione del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’azienda oggetto di trasferimento.

 

Il Consiglio di Stato, osservato come nelle farmacie, pubbliche e private, sia rinvenibile una “doppia vocazione” dell’attività svolta, identificabile, da un lato, nell’esplicazione dell’iniziativa economica individuale e, dall’altro, nell’espletamento di un pubblico servizio, ha deciso chiedere alla Corte di giustizia indicazioni sulla compatibilità del diritto di prelazione previsto dalla legge 362/1991 con i principii del diritto dell’Unione.

 

Nella sentenza odierna, la Corte osserva che il diritto dell’Unione, e in particolare la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE), osta ad un simile diritto di prelazione.

 

Innanzitutto, la Corte stima che viene così a crearsi una situazione suscettibile di dissuadere nella sostanza un farmacista non dipendente, anche proveniente da altro Stato membro, dall’acquistare la farmacia nell’esercizio della propria libertà di stabilimento. Ciò, anche tenendo conto delle gravose tempistiche e procedure dell’asta pubblica, e del fatto che, in conseguenza della prelazione, anche garantire l’offerta economicamente più vantaggiosa non porterebbe, come nel caso concreto da cui è sorta la questione pregiudiziale, a un risultato sicuro.

In secondo luogo, la Corte sottolinea che tali restrizioni non possono ritenersi giustificate da esigenze imperative di interesse generale, come la continuità del rapporto di lavoro – già garantita in Italia dal Codice Civile[2] – , o da una presunzione assoluta di maggiore esperienza professionale per il mero fatto di avere già lavorato all’interno della farmacia. Piuttosto, la Corte suggerisce che sarebbe proporzionata una regola alternativa, come quella di riconoscere un maggior punteggio al farmacista dipendente in sede di valutazione dell’offerta.

 

Per questi motivi, la Corte di giustizia ritiene che il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che prevede un diritto di prelazione incondizionato a favore dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara.

[1] Legge n. 362 dell’8 novembre 1991 “Norme di riordino del settore farmaceutico”;

[2] Art. 2112 del Codice Civile italiano.