ASSEGNO INVALIDITÀ, ORA SOLO A CHI NON LAVORA. UN ALTRO PASSO INDIETRO SULL’INCLUSIONE DEI DISABILI

Il diritto all’assegno mensile di invalidità da ora in poi sarà riconosciuto solo a chi non lavora, nemmeno poche ore a settimana. Questo la dice lunga su quanto l’inclusione sociale (che evidentemente si concretizza anche nel lavoro) sia tra gli obiettivi dello Stato italiano e dell’INPS. L’assistenzialismo vince ancora una volta a mani basse, in barba al concetto di inclusione sociale (volta a garantire equità e pari opportunità) di cui troppo spesso ci si riempie la bocca.

 

L’ INPS ha infatti recentemente emesso una comunicazione con la quale di fatto modifica le carte in tavola. Se è vero che la Legge 118/1971 (una legge molto vecchia che, nel disciplinare l’assegno mensile di assistenza, fa riferimento a un concetto di disabilità non più attuale) già prevedeva che l’assegno fosse riservato alle persone prive di impiego, fino ad ora era stata interpretata in maniera estensiva, permettendo a chi svolgeva piccoli lavori (entro il limite di reddito di circa 5.000 euro) di non perdere la prestazione, a condizione che fosse iscritto alle liste del collocamento mirato.  Ora questo non è più possibile.

 

“La precisazione dell’INPS – commenta lo Sportello Legale di OMaR-Osservatorio Malattie Rare – non tiene assolutamente conto che lo svolgimento di un’attività lavorativa, seppur minima, per una persona invalida, rappresenta un modo per socializzare più che una modalità di sostentamento e che ora, probabilmente, in molti sceglieranno la via dell’isolamento a discapito di quella dell’inclusione, onde evitare di perdere quel minimo di aiuto quale è l’assegno mensile di invalidità. La Legge 118/1971 per troppi aspetti non è più attuale, tanto nel lessico quanto nel contenuto. A farne le spese sono ancora una volta i più fragili”.