Bullismo, aumenta per colpa dei social

Violenza sulle donne, discriminazione di persone LGBTI ed episodi di bullismo sono ancora oggi fenomeni all’ordine del giorno. A confermarlo l’indagine “Gli italiani e le discriminazioni” realizzata da Doxa intervistando un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (18-70 anni).
Per 6 Italiani su 10 la violenza sulle donne è aumentata in questi ultimi anni e sempre più spesso si sentono notizie in cui si parla di femminicidio. Ma, a pensarla così, sono quasi 7 donne su 10, contro il 50% degli uomini. C’è poi un restante 40% di Italiani per i quali il fenomeno è rimasto invariato, ma che credono che se ne parli di più su media e social media (anche in questo caso, a minimizzare il problema sono gli uomini, risponde così il 47% contro il 30% delle donne).
Valutazioni e sensazioni confermate dai 140 femminicidi commessi solo nel 2017, a fronte di un calo del numero totale degli omicidi commessi (355, -11% rispetto al 2016). Per 7 italiani su 10 il fenomeno del bullismo è in crescita. Quasi la metà degli intervistati (45%) pensa che i social media abbiano fatto da cassa di risonanza e contribuito all’incremento del fenomeno. Inoltre, un ulteriore 26% crede che la crescita sia dovuta al costante clima di incitamento all’odio e alla discriminazione presente sui media. Per 1 Italiano su 4, invece, il bullismo è sempre stato presente e non ci sono differenze sostanziali rispetto al passato, se non un incremento delle denunce.
I numeri del fenomeno sembrano confermare questa crescita: in Italia, un ragazzo o una ragazza su 2, tra gli 11 e i 17 anni, ha subito episodi di bullismo e circa il 20% ne è vittima assidua, cioè subisce prepotenze più volte al mese.
Nel maggio 2016 il Parlamento italiano ha approvato la legge che istituisce le unioni civili per le coppie formate da persone dello stesso sesso. Per 1 italiano su 2 si tratta di un passo di civiltà, un reale cambiamento nei diritti delle persone omosessuali negli ultimi anni. L’86% degli italiani pensa che le persone omosessuali debbano avere gli stessi diritti degli altri. Nonostante i progressi, per 1 italiano su 5 le coppie omosessuali sono ancora vittime di omofobia.
Il 40,3% delle persone LGBTI, infatti, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24% a scuola o in università mentre il 22% sul posto di lavoro.
Da decenni combattiamo qualsiasi forma di discriminazione e violazione dei diritti umani.
Di fronte al numero esorbitante di femminicidi compiuti nel nostro paese, lo Stato ha il dovere di garantire una protezione efficace e assoluta alle donne che trovano il coraggio di ribellarsi a persecuzioni e violenze.
Rispetto ai fenomeni di bullismo, dal 2016 con un progetto pilota lavoriamo con l’obiettivo di ridurre i casi di bullismo in tutti i settori della vita scolastica.
Infine, è dal 1979 che ci occupiamo dei diritti negati e/o violati della comunità LGBTI e ora, dopo anni di campagne e sensibilizzazione, si iniziano a vedere i primi frutti. A confermarlo è sia la percezione degli italiani, ma anche la legge sulle unioni civili. Tuttavia, la legge non ha affrontato la questione dell’adozione da parte delle coppie dello stesso sesso.

Per continuare a sostenere il nostro lavoro e contrastare i fenomeni discriminatori grazie alla creazione di progetti specifici, sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni, si può contribuire destinando il proprio 5×1000: basta inserire il codice fiscale 03 03 11 10 582 e la propria firma nella dichiarazione dei redditi.
“Le discriminazioni, in ogni loro forma, sono ancora oggi all’ordine del giorno e sappiamo che c’è ancora tanto da fare – dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia –. La nostra organizzazione si impegna quotidianamente per contrastare questi fenomeni, sensibilizzando l’opinione pubblica e le istituzioni e creando progetti specifici. I risultati della nostre azioni iniziano a vedersi e questo viene confermato dall’indagine Doxa, in cui emerge una maggiore consapevolezza dei nostri connazionali che vedono un cambiamento o, quanto meno, si iniziano a rendere conto del problema”.