Mancate assunzioni, sempre più alto il prezzo che il Miur deve pagare

Si fa sempre più alto il prezzo che il Miur deve pagare ai precari della scuola non stabilizzati pur essendo supplenti da diversi anni: i risarcimenti, infatti, non si limitano ai 12 stipendi sanciti dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 27384/2016) per indennizzare i precari della Pubblica Amministrazione che non vengono assorbiti nei ruoli dello Stato e sui quali pesano peraltro diverse perplessità da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Anche perché la stessa Cassazione si è espressa sulla parità di trattamento dei precari rispetto al personale di ruolo, ribadendo il concetto in chiave stipendiale e dai tribunali continuano a giungere sentenze con condanne del Miur e somme da assegnare ai docenti danneggiati di tutto rispetto.

Tra queste, spicca quella emessa dal Tribunale del Lavoro di Napoli Nord che, con una doppia sentenza di identico tenore, ha risarcito con 85mila euro due docenti non di ruolo per illegittima reiterazione di contratti a temine e sfruttamento del precariato. Nella sentenza, il giudice, rileva con precisione come “la distinzione organico di diritto/organico di fatto deve trovare la sua legittimazione – sotto il profilo europeo qui in esame – o in un regime di tendenziale corrispondenza nel medio termine (in un arco di osservazione di qualche anno) tra il contingente dell’organico di diritto e quello dell’organico di fatto o, quanto meno, in una sensibile variazione nel corso dei vari anni scolastici dei dati di scostamento in aumento dell’organico ‘di fatto’ rispetto all’organico ‘di diritto’; solo in presenza di questi presupposti l’organico di fatto esprimerebbe una esigenza temporanea di personale soprannumerario (rispetto all’organico di diritto), in quanto destinata ad essere riassorbita o, comunque, non previamente programmabile, per la sua variabilità”.

Il Giudice del Lavoro precisa correttamente che “non è compito di questo Tribunale verificare perché ciò accada”, ma ribadisce senza ombra di dubbio che “ciò che rileva è la esigenza “reale” di personale, quale espressa dall’organico di fatto ed il suo carattere NON TRANSITORIO, dimostrato dalla reiterazione dei contratti a termine su organico di fatto. Il personale assunto, anche in questo caso, va a ricoprire dei veri e propri vuoti di organico, non sostituendo nessun titolare. […] In senso sostanziale, sotto il profilo del fabbisogno organico REALE, esse costituiscono cattedre VACANTI, cioè: – Prive di titolare – Necessarie a soddisfare un fabbisogno organico stabile”.

Sulla base di queste considerazioni, e interpretando in modo pertinente e impeccabile anche le recenti sentenze in materia della Corte Costituzionale e della Cassazione, “considerato che nel caso di specie il danno cagionato all’istante per il reiterato ricorso a contratti a termine non è stato neutralizzato dalla successiva immissione in ruolo, che a tutt’oggi ancora non è avvenuta continuando parte ricorrente a lavorare in virtù di contratti a termine”, il Giudice procede nella quantificazione del danno ed evidenzia come, ai sensi dell’art. 18 (commi tre e quattro del testo introdotto dalla legge 92/2012) dello Statuto dei lavoratori, “la indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro è pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto” cui aggiunge, quanto al profilo risarcitorio, i termini indicati nell’art. 32 co. 5 legge 183/2010 che prevede un meccanismo forfettizzato di liquidazione che prescinde dalla nozione tradizionale di danno “effettivo”.

Lo stesso tribunale ha quindi stabilito che “il danno comunitario ai sensi dell’art. 36 D.lvo 165/2001 può essere individuato sommando alle 15 mensilità sostitutive della reintegra – di cui all’art. 18 L. 300/70 – la indennità di cui all’art. 32 L. 183/2010. Nella fattispecie di causa in ragione del periodo di servizio prestato appare congruo liquidare la indennità nella misura di 8 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto” per un totale di 23 mensilità per ciascuno dei due ricorrenti cui riconosce anche il diritto al trattamento stipendiale che avrebbero percepito qualora fossero stati inquadrati a tempo indeterminato sin dal primo contratto a termine, cumulando tra loro i diversi periodi lavorati, oltre interessi legali, e rivalutazione monetaria se eccedente, dalle scadenze al soddisfo. Miur, soccombente, condannato anche al pagamento delle spese processuali nella misura di € 2.500 oltre Iva, Cpa, e spese generali per ogni sentenza.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “anche i giudici hanno smascherato il Miur che ogni anno si ostina a collocare in organico di fatto posti che in realtà dovrebbero rientrare nell’organico stabile della scuola ed essere assegnati per le immissioni in ruolo in quanto a carattere per nulla transitorio. Abbiamo dimostrato in udienza, grazie ai nostri legali, che personale assunto in organico di fatto va a ricoprire dei veri e propri vuoti di organico, non sostituendo nessun titolare. Per questo continuiamo a chiedere ai precari con 36 mesi di servizio e anche a quelli assunti ben oltre la soglia indicata dall’UE di aderire gratuitamente ai ricorsi Anief, al fine del riconoscimento del risarcimento del danno per abusiva reiterazione di contratti a termine e degli scatti di anzianità durante il precariato”.

“Il Governo e l’amministrazione scolastica – continua Pacifico – devono cambiare registro, a partire dall’istituzione del doppio canale di reclutamento con una parte delle assunzioni riservate a tutti i docenti precari in seconda fascia d’istituto, lasciati a fare i supplenti benché in possesso di tutti i requisiti per essere assunti. Questa discriminazione diventa autolesionismo, poi, quando le GaE provinciali sono esaurite, come accade da anni in Lombardia per Matematica alle medie o per il sostegno praticamente in tutta Italia, ma pur di non stabilizzare quei docenti si continua a lasciare le cattedre vacanti, con tutte le conseguenze negative per gli studenti che si possono immaginare, a partire dalla mancata continuità didattica”.

“Quelle 15-20mila immissioni in ruolo non attuate solo quest’anno – conclude il sindacalista – per mancanza di candidati anche nelle graduatorie di merito dei concorsi gridano vendetta. È bene sapere, inoltre, che è inutile aspettare i nuovi concorsi, ovvero attendere tra i tre e cinque anni, perché nel frattempo la supplentite diventerà ancora più corposa e alla fine i primi ad essere assunti saranno gli stessi che oggi sono nelle graduatorie d’istituto e si costringe a fare i supplenti”.

La necessità di provvedere all’assunzione dei precari abilitati da graduatoria d’istituto è confermata dai numeri impietosi presentati nei giorni scorsi presso la VII Commissione della Camera dei Deputati, del Rendiconto generale dello Stato approvato dal Senato e del disegno di legge di assestamento di bilancio 2017, secondo i numeri certificati dalla Corte dei Conti, nella quale si cita “la mancanza di iscritti in alcune Gae, l’istituzione di posti di sostegno in deroga (30% dell’organico, nda), il mancato completamento di alcune procedure concorsuali, gli effetti della mobilità straordinaria”: ne consegue che nel 2016, a piano straordinario della legge di riforma 107/15 avvenuto, sono stati sottoscritti la bellezza di 109.889 contratti sino al termine delle attività didattiche e 15.943 annuali. E anche quest’anno la quota di contratti a termini ha sfiorato quota 85mila, con la beffa ulteriore di 15mila immissioni in ruolo autorizzate andate a vuoto, proprio per la mancata estensione del doppio canale di reclutamento alle graduatorie d’istituto.

Intanto, la giustizia europea sta facendo il suo corso: solo qualche giorno fa, il Consiglio d’Europa ha dichiarato ammissibile il reclamo Anief contro l’Italia per abuso di supplenze ed ora il Governo italiano dovrà rispondere entro il 15 novembre. Inoltre, pure la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha espresso forti perplessità sul limite dei 12 mesi di risarcimento sanciti dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 27384/2016), Anief prosegue i ricorsi gratuiti per attribuire il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2008-2018. Si ricorda che la violazione della normativa comunitaria riguarda anche la mancata stabilizzazione: si può quindi decidere di ricorrere in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori già assunti a tempo indeterminato.