
Le rassicurazioni sparse dalle autorità sanitarie in relazione allo scandalo delle uova al fipronil si sciolgono come neve al sole, dopo il sequestro di migliaia di uova in provincia di Viterbo e Ancona e alla notizia di un altro sequestro, stavolta relativo a una partita di omelette surgelate, a Milano.
È bastato qualche giorno per smentire clamorosamente quanto ripetuto ossessivamente dai nostri organi istituzionali: in Italia le uova al fipronil ci sono eccome. E non si capisce che senso abbia il continuo riferimento al fatto che i dosaggi sarebbero “al di sotto dei livelli di tossicità acuta”: questo malcelato tentativo di gettare acqua sul fuoco, come se il superamento dei valori-limite (e quindi della legge) non rappresenti in sé un fatto grave, sembra finalizzato solo a diffondere le ennesime rassicurazioni sul caso. Rassicurazioni che, come abbiamo visto, lasciano il tempo che trovano: servirebbero piuttosto trasparenza massima sulle informazioni, tracciabilità vera di tutta la filiera, e in primis controlli a tappeto – specialmente sui prodotti lavorati con uova di provenienza estera. E servirebbe che qualcuno spieghi come mai un allarme diffuso quasi un anno fa sia stato preso in considerazione con così largo ritardo.