Revisione delle classi di concorso. Anief : non si cada nell’errore di salvaguardare i conti pubblici a scapito di docenti e studenti

Potrebbe vedere presto la luce la revisione delle classi di concorso: oggi il Consiglio dei Ministri ha avviato l’esame del Regolamento per renderle coerenti con gli indirizzi di studio della riforma delle superiori, avviata nel 2010 dall’allora ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, oltre che adeguate agli attuali corsi e titoli universitari. La revisione, che prevede ora il passaggio del regolamento in Conferenza Unificata, al Consiglio di Stato, nelle Commissioni parlamentari di competenza e il ritorno del testo in Consiglio dei Ministri per la ratifica finale, comporta la riduzione delle classi di concorso dalle attuali 168 a 114. Ma anche l’introduzione di 11 nuovi insegnamenti.

“Con l’adeguamento delle classi di concorso ai nuovi ordinamenti universitari – sostiene il Miur -, alcune categorie di laureati finora escluse dall’insegnamento di materie coerenti con il loro piano di studi potranno accedere agli specifici percorsi abilitanti. Ad esempio i laureati in Scienze politiche potranno insegnare discipline giuridiche ed economiche”. Per il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, “la revisione delle classi di concorso è il primo passo per poter avviare le procedure del prossimo concorso per insegnanti. Dopo il Piano straordinario di assunzioni di quest’anno torneremo infatti a bandire regolarmente concorsi per entrare nella scuola”, con il prossimo concorso a cattedra che verrà bandito entro il prossimo 1° dicembre,

Attraverso questo regolamento, inoltre, “i docenti diventano più fungibili e sostituibili e aumenta il numero di posti per singola classe di concorso”, ha spiegato Palazzo Chigi. Il Corriere della Sera, si è soffermato su alcuni esempi di accorpamenti di discipline, come “elettronica ed elettrotecnica”, che ora potranno essere insegnate dai docenti in possesso indistintamente da una delle due classi di concorso, ma anche “la nuova classe di tecnologie e tecniche della comunicazione ne accorpa ben sei di quelle attualmente in vigore e le classi di concorso di arte sono state accorpate per settore produttivo”.

Anief ricorda che la decisione di rivedere le classi di concorso, riducendole, non è certo è una novità. La bozza di revisione valutata positivamente oggi a Palazzo Chigi, rappresenta infatti almeno l’ottava versione prodotta dall’amministrazione scolastica a seguito dell’introduzione della riforma Gelmini. Ma ha radici ben più lontane, visto che risale al 1999 un decreto con il Miur annunciava la necessità di far abilitare i docenti attraverso dei corsi di poche decine di ore in discipline attinenti con i loro studi universitari: un’iniziativa, che poi non andò in porto, ma che poggiava su necessità di mero contenimento della spesa pubblica. E non certo didattiche. Perché allargando il “ventaglio” di abilitazioni dei docenti, si sarebbero potuto meglio collocare i docenti in sovrannumero su spezzoni o cattedre vacanti.

“Il punto è capire se anche oggi, a distanza di tempo, il Governo abbia cercato di salvaguardare esclusivamente quel principio economico”, commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal. “In attesa di conoscere la tabella degli accorpamenti, come sindacato riteniamo fondamentale che non siano state ritenute affini delle classi di concorso che non lo sono. Aver sostenuto uno o due esami all’università, infatti, non sempre comporta la padronanza di una disciplina: in questi casi sarebbe assicurato il danno agli studenti”.

“Sarebbe poi opportuno – continua il presidente Anief – che, alla luce di queste abilitazioni allargate, nel regolamento che si sta delineando si precisi in modo chiaro che l’abbinamento dei docenti non ricada sulla figura monocratica del dirigente scolastico. Il quale, dopo aver avuto dalla Legge 107/2015 la facoltà di avere l’ultima parola sulla valutazione e sulla conferma dei docenti assunti tramite gli albi territoriali o incappati nella mobilità, spesso non avendo gli elementi conoscitivi, nemmeno minimi per farlo, avrebbe ora anche a disposizione un’ulteriore forma di potere: la possibilità di collocare i docenti, senza abilitazione o con abilitazioni non precipue, ma solo affini.

“È bene che nelle linee generali del regolamento in via di definizione si indichi con chiarezza che siano i collegi dei docenti a rimanere sovrani sulla compatibilità degli insegnamenti e di andrà a ricoprirli. Sempre per non danneggiare gli stessi docenti, messi a disagio nell’insegnare materie di cui non sono padroni. E, soprattutto, gli studenti. Le cui esigenze – conclude Pacifico – non possono essere subordinate a quelle della spesa pubblica”.