Stipendi a rischio per i dipendenti dei Comuni, ha dichiarato il presidente dell’Anci, Piero Fassino. Abbiamo qualche difficoltà a crederlo e non perchè le casse comunali non siano vuote ma, semplicemente, dubitiamo che i Comuni abbiano messo in atto quello che da più parti, Unione europea compresa, viene sollecitato: la razionalizzazione della spesa. Razionalizzare non significa tagliare ma rendere efficiente e meno dispendiosa la spesa pubblica. Prendiamo il caso di Roma. La Capitale d’Italia ha ben 161 tra società, aziende ed enti, partecipate in varia misura. Ci domandiamo, infatti, cosa c’entra Roma con l’Acea Dominicana (99%), cioè della Repubblica Dominicana nelle Antille, o l’Aguas de San Pedro s.a (31%), oppure Aguazul Bogotà s.a (51%), o Luce Napoli (70%), o Le Assicurazioni di Roma (74%), ecc., con relativi presidenti e consigli di amministrazione. Oltretutto ogni Comune fa pagare la tassa per la nettezza urbana, che prima rientrava nella fiscalità generale, e l’addizionale Irpef, che prima non esisteva, e a gennaio pagheremo la service tax (bello dirlo in inglese) perchè abbiamo i lampioni in strada.
Caro Fassino, ma ci faccia il piacere, direbbe Totò.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc
