Tagli a spesa pubblica: le tasse agitano maggioranza

Il piano sulla spending review, cioè sul deciso taglio dei capitoli di spesa pubblica messo a punto dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, arriva oggi pomeriggio in Consiglio dei Ministri. Le linee d’azione del governo prevedono, a partire già dalla prossima estate, accorpamenti di enti, dismissioni, operazioni di efficientamento con l’obiettivo di blindare il pareggio di bilancio nel 2013 e recuperare, come primo passo immediato, 4 miliardi di euro (ma in cassa, anche se non ci sono conferme, dovrebbero arrivare complessivamente fra i 5 e il 10 miliardi) per evitare l’innalzamento dell’Iva dal 21 al 23%. Un piano che dovrebbe riguardare, ma non solo, i ministeri dell’Interno (fra l’altro, accorpamento dipartimenti del dicastero e di prefetture), della Giustizia (eliminazione dei tribunali sotto i livelli medi di efficienza e riduzione, davanti a misure di detenzione alternativa, degli agenti di polizia penitenziaria), della Difesa (taglio di militari e civili, dismissione di caserme e di mezzi), degli Esteri, dell’Istruzione.
Un intervento, quello sull’Iva, che avrebbe pero’ come conseguenza di allontanare ancora una volta quel calo delle tasse chiesto a gran voce, anche nelle ultime ore, da tutti i partiti. La politica da un lato si rende conto che in un momento di forte difficolta’ come quello che il nostro Paese sta attraversando, l’alleggerimento della pressione fiscale sarebbe sicuramente un segno di attenzione da parte del governo verso il cittadino. Dall’altro, i partiti sono ormai in piena competizione elettorale – il 6 maggio ci sono le elezioni amministrative – e da sempre l’argomento tasse rappresenta la principale carta da giocare nel recupero dei voti. E’ quindi un fronte politico agitato quello che guarda al Consiglio dei Ministri di oggi. In particolare nella maggioranza, dove tutti negano innanzitutto di aver mai pensato alle elezioni anticipate. ‘Non intendo vincere sulle macerie del nostro paese, non possiamo destabilizzare il paese che si trova ancora in piena crisi’, dice il segretario Pd Pier Luigi Bersani. Gli fa eco il segretario del Pdl Angelino Alfano secondo il quale ‘ormai si arriva a destinazione, ma in questi mesi speriamo di far valere le nostre idee. E la principale e’, basta tasse’. Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, e’ convinto che non si andra’ al voto ad ottobre: ‘Chi vuole farlo non ha il coraggio di dirlo o di provocare le elezioni, quindi si andra’ a scadenza…’. Per Antonio Di Pietro invece ‘prima si va al voto e meglio e’ per i cittadini. Questo e’ in realta’ un governo politico di compromesso, che non ha fatto altro che tassare le fasce sociali piu’ deboli, caricando su di loro il peso della crisi’.
Sul fronte fiscale, nello specifico, Alfano ricorda che ‘abbiamo fatto approvare una legge per la spending review per eliminare gli sprechi. Attendiamo che il governo dia seguito a quella legge promossa dal governo Berlusconi e speriamo che si tirino fuori abbastanza soldi da evitare l’aumento dell’Iva. Occorre una ricetta – continua – che abbia come ingredienti meno tasse, meno spesa, meno debito, perche’ il Paese non puo’ sopportare un’ulteriore tassazione’. Bersani, dal canto suo rileva che sulla questione ”non siamo stati coinvolti ma so che c’e’ la possibilita’ di alleggerire la spesa per quello che riguarda il modo di funzionare dello Stato.
Comunque – aggiunge – sono sicuro che Giarda pensa di entrare con il cacciavite in questi meccanismi perche’ usare la mazza non va bene’. Bersani insiste sul ”riequilibrio del carico fiscale’ perche’ ‘gli imprenditori spendono troppo per i lavoratori e i lavoratori intascano troppo poco. Vogliamo farla – chiede – una tassa sulle transazioni finanziarie perchè la finanza paghi parte di quello che ha fatto e non ricada tutto sulle spalle del debito pubblico’?’. Oltre al rilancio della Tobin Tax, il segretario del Pd sostiene che ”per rendere piu’ leggera l’Imu serve un’imposta sui grandi patrimoni immobiliari’.
In Italia la tassazione e’ ‘al limite dell’insopportabilita’, anche a causa dei tanti che non pagano’, dice Casini ribadendo che Monti ha esaminato l’ipotesi di applicare una patrimoniale, ma ha puntato sull’Imu perche’ ”una patrimoniale avrebbe colpito con minore efficacia e maggiore approssimazione, in quanto e’ difficile scovare i grandi patrimoni e tassarli’. Per Casini e’ stato ”un errore togliere l’Ici. Oggi l’Imu e’ piu’ cara dell’Ici’.
Di Pietro chiede invece al governo di spiegare perche’ non vada ‘a prendere quei 40 miliardi di euro che entrerebbero nelle casse dello Stato se firmassimo anche noi come Germania, Inghilterra e Austria l’accordo con la Svizzera per recuperare i contributi sui capitali esportati illegalmente’. Identiche richieste vengono dal Pdl, Pd e Lega Nord che sostengono come, dopo il via libera della Commissione Ue, non ci siano piu’ giustificazioni per il governo a non sottoscrivere un accordo con la Svizzera.
Duro il segretario di Sinistra Ecologia e Liberta’, Nichi Vendola. ‘Non hanno avuto e non hanno il coraggio – dice – di mettere una patrimoniale sui grandi patrimoni per trovare risorse da poter investire nella crescita del Paese. L’unica patrimoniale che e’ stata attivata e’ la patrimoniale sui ceti medi e popolari: l’Imu sulla prima casa, che dovrebbe invece essere tagliata’.
Sull’Imu in particolare interviene la Lega Nord, che torna a criticare il governo per la decisione di incamerare gran parte dei proventi dell’imposta. ‘Monti l’Imu non la lascia ai Comuni – dice Umberto Bossi – la porta a Roma: e Roma sara’ anche bella, importante e tutto il resto; pero’ ha rotto le balle, in tutti i sensi!’. Per il Senatur poi è l’Imu applicata nel settore primario che, osserva, ‘sara’ il colpo finale per far fallire tutta l’agricoltura della Padania. All’Imu in agricoltura bisogna dire ‘no’, ‘no’, ‘no’. Ma non basta appoggiare la Lega, la gente deve uscire fuori, nelle piazze, far sentire la propria voce’. Altrettanto diretto l’attuale reggente del partito, Roberto Maroni, che ipotizza lo sciopero fiscale contro l’imposta. Sullo sfondo di questo quadro l’intervento della Banca centrale europea, che ha toccato un argomento che non manchera’ di far discutere. Secondo la Bce, bisogna riportare al centro del dibattito il capitolo concorrenza e liberalizzazioni per rilanciare la crescita. L’istituto di Francoforte guarda ‘con attenzione’ alla spending review italiana sostenendo che accorpare le province ”sarebbe l’unica, vera misura di taglio di costi della politica’.