WWF: I REATI AMBIENTALI NON SIANO PIù ‘DI SERIE B’

“I reati ambientali non siano più considerati ‘di serie B’ dalla normativa italiana nel 2012”. E’ la richiesta che il WWF Italia – reduce da un 2011 che ha visto i propri eco-avvocati ancora impegnati nei tribunali in difesa di salute e ambiente con circa 250 udienze, oltre 60 nuovi procedimenti penali e 40 nuovi ricorsi amministrativi – rivolge al nuovo Governo e, in particolare, al Ministro della Giustizia, Paola Severino, in una lettera inviatale oggi in occasione dell’inaugurazione del nuovo Anno Giudiziario.

Nella lettera l’Associazione chiede un incontro al Ministro per rappresentare l’urgenza di una riforma del codice penale che veda finalmente l’introduzione di sanzioni più severe per i reati ambientali, che attualmente, a causa di una normativa ‘debole’, non sono puniti adeguatamente e rendono sempre più difficile l’impegno delle associazioni per difendere in tribunale l’ambiente e la salute dei cittadini.
L’incontro dovrebbe poi essere l’occasione per analizzare anche il problema delle sempre maggiori spese legali a carico delle associazioni senza scopo di lucro impegnate in processi per la difesa del bene pubblico, cifre aumentate anche con le recenti manovre finanziarie.

Tra le emergenze ambientali per il 2012 (vedi scheda di approfondimento/1 in coda) il WWF segnala: il traffico illegale di specie protette, l’assenza di una legge che tuteli la biodiversità e il crescente consumo del suolo, soprattutto in materia di abusivismo edilizio. Tra le vittorie incassate dagli eco-avvocati del WWF nel 2011 (vedi scheda di approfondimento/2 in coda), invece, un primo no del Consiglio di Stato alla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, lo stop alle trivellazioni al largo delle Isole Tremiti e l’accordo con diverse Regioni per il divieto della caccia nei periodi di vulnerabilità della fauna selvatica.

Il WWF considera, infatti, il 2011 l’anno dell’occasione perduta, l’anno in cui l’Italia ha sì recepito la Direttiva 99/2008 sulla tutela penale dell’ambiente ma ha adottato un provvedimento troppo timido per essere efficace, in particolare nella lotta alle ecomafie.
Si rimane, infatti, nel solco delle fattispecie contravvenzionali, senza riuscire a individuare i delitti, con l’effetto di continuare a fornire armi spuntate a chi ha il difficile compito di indagare e reprimere: scarse possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali, impossibilità delle rogatorie internazionali, tempi brevissimi di prescrizione.

“Della direttiva europea 99 del 2008 sulla tutela penale dell’ambiente, il governo ha infatti recepito soltanto alcuni aspetti marginali”, dichiara Patrizia Fantilli, Direttore dell’Ufficio Legale e Legislativo del WWF Italia. “Il nostro legislatore si è limitato a recepire il minimo previsto dalla Direttiva e, a differenza di quanto avviene nel resto d’Europa, i reati ambientali continueranno ad essere perseguiti in Italia come illeciti di secondo ordine e nei nostri tribunali resterà complesso punire ad esempio chi sversa veleni in mare, chi libera sostanze nocive nell’atmosfera e chi le sotterra”.

Pur essendo passati esattamente dodici mesi dall’ultima cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario sembra passato un solo giorno perché purtroppo ben poco è cambiato.

“Se infatti ogni anno si chiudono vari procedimenti giudiziari seguiti dal WWF con esiti favorevoli per l’ambiente, contemporaneamente molti altri se ne aprono ed impegnano sempre più energie e risorse della nostra Associazione”, dichiara Stefano Leoni, presidente del WWF Italia.

“Riteniamo – dichiara Silvia Fischetti, responsabile dell’Ufficio Legale del WWF Italia – che il nostro Legislatore non possa continuare a rimanere insensibile a queste istanze proprio nell’anno in cui le Nazioni Unite nel Rapporto 2011 sullo Sviluppo Umano hanno sostenuto che i danni all’ambiente sono la più grave minaccia per lo sviluppo mondiale, rivelando per la prima volta lo stretto legame tra fattore ambientale e crescita e invitando tutti i Paesi del mondo ad uno sviluppo più sostenibile”. 

Difendere in tribunale beni comuni come l’ambiente e la salute è diventato sempre più difficile e costoso, soprattutto per i ricorsi in sede amministrativa: ormai da qualche anno, infatti, anche i ricorsi proposti da Associazioni a difesa dell’ambiente sono sottoposti al pagamento del contributo unificato, una tassa di diverse centinaia o migliaia di euro che si paga all’inizio del procedimento, il cui importo è stato gradualmente aumentato ed è diventato uno scoglio sempre più difficile da superare.

L’importo varia in base alla materia del contenzioso: si va da un’imposta di bollo base di 600 euro per ogni provvedimento impugnato anche se relativo ad un unico oggetto, passando per i 1500 euro nel caso il ricorso riguardi settori come quelli delle Infrastrutture o dell’Energia fino ad arrivare ad un costo complessivo per ogni singolo ricorso di diverse migliaia di euro.
Un ‘tariffario’ che ostacola e disincentiva l’azione legale e che dal 2012 sottopone a questa imposta anche il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

BENE COMUNE E INTERESSE PRIVATO: STESSO PREZZO IN TRIBUNALE. Oggi quindi le associazioni nazionali di protezione ambientale riconosciute come il WWF – ossia associazioni che non agiscono per il conseguimento di un proprio interesse patrimoniale, ma per il conseguimento della finalità pubblica di assicurare la legittimità degli atti della pubblica amministrazione in materia ambientale – vengono assoggettate allo stesso regime di contributo unificato previsto per grandi imprese che si rivolgono allo stesso giudice amministrativo per conseguire interessi patrimoniali propri (si pensi, ad esempio all’aggiudicazione di gare di appalto anche di ingentissimo valore).

L’APPELLO: UN TITOLO PER I DELITTI CONTRO L’AMBIENTE NEL CODICE PENALE. Il WWF vuole cogliere simbolicamente l’occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario 2012, per chiedere al ministro della Giustizia, Paola Severino, ed al Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, di attuare finalmente, dopo oltre 15 anni di “giacenza” in Parlamento, la ormai improcrastinabile ed urgente riforma del Codice Penale per l’introduzione di un Titolo dedicato ai “Delitti contro l’Ambiente”. Devono essere previste nuove e più severe figure di “reato – delitto” quali, ad esempio, il disastro ambientale, l’inquinamento ambientale, l’alterazione del patrimonio naturale, della flora e della fauna, ed avere finalmente un sistema sanzionatorio efficace che possa servire concretamente da deterrente per prevenire o punire severamente i grandi disastri ambientali ed ogni genere di reato ed illecito che colpisce la salute, l’ambiente e la natura.